10 aprile 2008

Termovalorizzatore in Valle d'Aosta: perchè no (1)

Il tema del termovalorizzatore sta creando un intenso dibattito nella comunità valdostana tanto che, messo all'ordine del giorno dell'ultimo Consiglio regionale, su pressione delle forze di opposizione è stato rinviato alla prossima legislatura. Il materiale a disposizione è particolarmente ricco. Io stesso sul Sole 24 Ore Nord Ovest di ieri ho dedicato due articoli all'argomento e la settimana precedente me ne ero anche occupato sul Corriere della Valle. Tuttavia non nascondo che riuscire a fornire un informazione davvero completa sull'argomento è molto difficile. E in questo l'on line ci aiuta un po' di più. Per questo ho deciso di dedicare quattro post del mio blog all'argomento. Due dedicati a chi è contro e due a chi è favorevoli, puntando a permettere ad entrambe le parti di avere uno spazio possibilmente ampio. Per illustrare le posizioni di chi è contro ho scelto un recente documento, diffuso dal Comitato Zero Rifiuti. Il documento polemizza con precedenti affermazioni della Giunta regionale, ma può essere tranquillamente letto senza esserne a conoscenza.

Ridurre la produzione di rifiuti, aumentare la raccolta differenziata, introdurre un sistema di
tariffazione a peso ed evitare come smaltimento finale la discarica e l’incenerimento sono proposte del nostro Comitato e di un altro organismo riconosciuto come sovversivo: l’Unione Europea. Addirittura l’Unione Europea ha pubblicato una “Guida per la gestione dei rifiuti in aree di montagna” in cui sta scritto: “l’incenerimento presenta numerosi inconvenienti, soprattutto
ambientali, in quanto genera importanti impatti negativi sull’aria e sull’acqua ma anche sul piano
paesaggistico; tali impatti sono aggravati, nelle aree di montagna, dalle condizioni naturali (rilievo e inversione termica) e sono maggiormente subiti a causa della fragilità del territorio.
L’incenerimento non esclude la necessità di uno stoccaggio definitivo, in questo caso di rifiuti
pericolosi, più oneroso e con vincoli più restrittivi”.
Il Ministero dell’Ambiente in ogni suo comunicato sull’argomento afferma che occorre
“buttare meno e buttare meglio”. Sarebbe interessante conoscere quali iniziative valide di riduzione della produzione dei rifiuti e di incremento della raccolta differenziata ha perseguito questo governo regionale. Certo è che nella recente legge regionale gli obiettivi proposti sono minimi: 60 per cento di raccolta differenziata e 50 per cento di valorizzazione, entro il 31 dicembre 2011. Basti pensare che ad oggi la città di Ivrea ha raggiunto il 69% di raccolta differenziata, e anche in valle il comune di Etroubles è passato dal 25 al 60% in meno di un anno. Il piano regionale approvato il 15 aprile 2003 è stato così lungimirante da necessitare oggi di una revisione. Riguardo agli scenari studiati, occorre innanzitutto fare una critica di metodo. Una legge regionale ha istituito l’ARPA (Agenzia Regionale per la protezione dell’Ambiente) come ente strumentale della Regione. Sono assegnati all’ARPA diversi compiti, quali la consulenza e l'assistenza tecnico-scientifica alle strutture regionali, la collaborazione con l'Amministrazione regionale per la predisposizione e l'attuazione dei piani regionali in materia ambientale e sanitaria anche in riferimento a particolari rischi ed emergenze per l'ambiente e la popolazione.
Gli studi comparativi di valutazione degli scenari dovevano essere affidati all’ARPA, invece
si è preferito incaricare consulenti esterni, pagati con soldi pubblici e senza garanzia di imparzialità. Come se ciò non bastasse, gli stessi consulenti che hanno prodotto le valutazioni
sull’inceneritore, hanno anche ricevuto l’incarico di valutare i sistemi di trattamento alternativi,
come quelli a freddo, scartandoli senza tanti complimenti.
Lo scenario del termovalorizzatore è stato comparato con quello del piano regionale, non
con il trattamento meccanico biologico. C’è stata insomma una mancanza di imparzialità e di
serietà di base sulla quale è inutile dilungarsi.
Secondo la Giunta la bonifica della discarica sarebbe indipendente dalla realizzazione del
termovalorizzatore. Per legge la discarica costituisce il luogo finale di smaltimento del rifiuto, la
bonifica è possibile solo se il sito risultasse contaminato e costituisse un fattore di rischio per la
popolazione. Se si togliesse al rifiuto prodotto in Valle d’Aosta la frazione minima di raccolta differenziata obbligatoria per legge al 2012, rimarrebbero 35/40.000 tonnellate all’anno: insufficienti a far funzionare un impianto di incenerimento. Da dove prendere la parte mancante? Importare rifiuti da fuori valle non incontra troppo il consenso popolare, eliminare la discarica sembrerebbe un colpo di genio. Peccato che nessuna discarica sia mai stata svuotata per alimentare un inceneritore, peccato che l’attuale discarica non inquini la falda, come provano le misure dell’ARPA, peccato che i teli impermeabili possano resistere oltre 2 secoli, peccato che una volta esaurita tra pochi anni, realizzate le operazioni obbligatorie per legge di copertura e di aspirazione di biogas e di percolato, la discarica smetterebbe di diffondere odori che causano gravi disturbi alla popolazione. Nello studio specifico che consiglia la bonifica si legge che oltre il 60% dell’attuale discarica è costituito da materiale inutilizzabile, che l’operazione di svuotamento andrebbe avanti per 25 anni con liberazione di odori, che non vi sono precedenti si asservimento di una discarica ad un inceneritore. Perché l’esperto incaricato dalla Regione per fare valutazioni sulla bonifica della discarica durante l’incontro con la popolazione ha detto che i costi sarebbero stati di 3,5 € alla tonnellata e pochi giorni dopo in un seminario tenuto ad Aosta e organizzato dalla Valeco, è emerso che i costi sarebbero stati di 50 € alla tonnellata? Memoria corta o malafede? Nello studio non si dice quanto renderebbe i termini economici lo smantellamento della discarica, di certo c’è che la bonifica da sola costerebbe 75 milioni di Euro. (Continua).

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