11 ottobre 2008

Federalismo fiscale: le riflessioni di un docente di diritto tributario sulla bozza Calderoli

Brevi riflessioni sul disegno di legge delega attuativo dell’art. 119 della Costituzione (Bozza Calderoli) approvato dal Consiglio dei Ministri nel mese di settembre 2008 da parte del docente di diritto tributario Roberto Franzé della facoltà di Economia di Aosta. Torniamo ad interrogarcisul tema del federalismo fiscale grazie all'aiuto di un docente universitario.

Il disegno di legge delega, recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri, contiene i principi ed i criteri direttivi di carattere generale lungo i quali si snoderà l’autonomia tributaria delle regioni e degli enti locali. Esso, pur non essendo immune da incongruenze, lacune e contraddizioni, contribuirà non poco ad indirizzare l’articolato dibattito che, prima, ha accompagnato l’entrata in vigore del nuovo Titolo V della nostra Costituzione e, poi, ha fatto seguito ai restrittivi orientamenti della Corte Costituzionale in materia (sentenze 296, 297 e 311 del 2003; 37 e 241 del 2004). Esaminando i principi e i criteri direttivi generali (elencati all’art. 2 del disegno di legge) subito risalta la centralità del criterio della continenza che assume, al contempo, la funzione di guida e di limite per i futuri tributi regionali giacché, da un lato, preclude ingerenze statali negli imponibili regionali e, dall’altro, obbliga a selezionare l’oggetto del tributo regionale tra le materie e gli interessi la cui cura è demandata alle regioni. Altro principio cardine sul quale si dovrà articolare l’autonomia tributaria delle regioni è il divieto di doppia imposizione salvo le addizionali (art. 2 del disegno di legge), che è, in qualche modo, speculare al principio di continenza. A tal proposito merita evidenziare che la scelta del disegno di legge di riferire il divieto di doppia imposizione alla sola base imponibile e non anche al medesimo presupposto lascia trasparire possibili duplicazioni (a livello statale e regionale) di prelievi impositivi a fronte di uno stesso fatto od atto. Questi principi generali dovranno poi convivere con molti altri che, sebbene non enunciati dal disegno di legge delega, pur sempre rappresentano dei limiti al libero esplicarsi di una potestà normativa tributaria regionale. Tali principi sono, innanzitutto, quelli attinenti alla finanza pubblica desumibili dall’ordinamento comunitario e dall’ordinamento internazionale (art. 117, comma 1, della Costituzione) quali la tutela delle fondamentali libertà economiche nel mercato unico, il principio di non discriminazione (tra soggetti residenti in Stati diversi dell’Unione Europea), il principio “chi inquina paghi”, il principio di proporzionalità. E non devono neanche essere sottaciuti altri principi contenuti nella nostra Costituzione, i quali, sia pure non menzionati dal disegno di legge delega, pur limiteranno l’agire dei legislatori regionali e cioè l’inviolabilità del domicilio ai fini fiscali (art. 14), il divieto di specifici gravami fiscali sugli enti religiosi (art. 20), la riserva di legge (art. 23), il principio di capacità contributiva (art. 53, paragrafo 1) ed il principio di progressività (art. 53, paragrafo 2). Il testo del disegno di legge delega non è solo lacunoso ma contiene anche alcune contraddizioni di non poco conto.
Mi preme, in particolare, evidenziare quella che si determina con riferimento alla potestà legislativa in materia tributaria delle Regioni a statuto speciale come la Valle d’Aosta. E’ ben noto, infatti, che gli statuti speciali hanno rango costituzionale (perchè approvati con legge costituzionale) e che – giusta il disposto dell’art. 116 della Costituzione – possono introdurre tributi propri purché in armonia con quelli statali. Ciò posto, non è ben chiaro come un tale spazio di autonomia (garantito da legge avente rango costituzionale) possa subire condizionamenti (e in che limiti) dai principi generali stabiliti dal disegno di legge delega e dai futuri decreti delegati (che, com’è ben noto, hanno un rango – nella gerarchia delle fonti – inferiore a quello della Costituzione e delle leggi costituzionali). In breve, il disegno di legge delega certamente solleva numerosi interrogativi ma indubbiamente ha il merito di indirizzare ogni sforzo verso la realizzazione di un assetto normativo coerente con gli obiettivi che il legislatore intende perseguire. (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 2 ottobre)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo articolo varrebbe se le regioni fossero tutte sullo stesso piano . Posto ( io mi ripeto solo perchè tutti si ripetono nel tralasciare un dato fondamentale perchè è comodo sfuggirlo ) che la Valle riceve 135/100 di tasse , prima di parlare di federalismo fiscale e di riordino delle tasse stesse , va data una risposta alla congruenza di 135/100 , al suo mantenimento o alla sua modifica , altrimenti è un discorso non centrato .

Anonimo ha detto...

concordo, la valle d'aosta deve prima aprire una seria riflessione sui suoi priviligi assolutamente immotivati.

ma una seria riflessione sul federalismo va fatta anche in merito al livello della burocrazia locale assolutamente non preparata a svolgere i nuovi compiti.

Anonimo ha detto...

pongo, al giurista, alcune domande di carattere strettamente giuridico, qualsiasi cosa possano dire, domani, i decreti delegati a proposito della VDA ed estensivamente, delle altre regioni a statuto speciale, anziché ordinario:
1) possono i decreti delegati sopprimere le vigenti norme relative al riparto fiscale ed al privilegio IVA, che probabilmente affondano le loro radici nello statuto, avente rango di legge costituzionale? a prima vista sembrerebbe di no.
2) cosa succederebbe se non lo facessero o non potessero farlo?
3) quali saranno, più in generale, i rapporti tra lo statuto, che nel frattempo molto probabilmente non verrà modificato, e i decreti delegati?
4) se i decreti delegati, come sembra, avranno bisogno di norme di attuazione per la loro applicazione nelle regioni a statuto ordinario, quali problemi creerà lo statuto, se non verrà modificato?
5) La volontà regionale di "blindare" lo statuto (la famosa intesa) approvato sessant'anni fa, qualora vada in porto, come si porrà in relazione a eventuali norme dei decreti delegati che non siano gradite? non si rischia di andare incontro, in ogni caso, ad un pasticcio giuridico e di competenze da cui sarà difficile uscire, con una potestà di veto (intesa) in capo alla regione che potrebbe bloccare norme "federalistiche" non gradite?
Grazie.

ImpresaVda on 11 ottobre 2008 alle ore 15:12 ha detto...

@Courthoud
Ho già provveduto a girare i quesiti al professore.

Anonimo ha detto...

@ per Bruno . Il privilegio IVA ( nato nel 1993 )non può affondare alcuna radice nello Statuto ( datato 1948 ) , è frutto di questue romane del deputato unionista . Il riparto fiscale , passato dai 7/10 del 1948 ai 9/10 nel 1983 grazie a una questua democristiana , è nello Statuto , ma come dato di fatto che regola i rapporti Stato-regione . Tale riparto è modificabile , ovviamente su input di chi concede il privilegio e , secondo buon senso, non deve trattare col fruitore del privilegio l'entità del medesimo . Questo in quanto lo Stato deve avere una visione d'insieme delle esigenze dei 58 milioni di italiani , prescindendo da quella corsa all'utile particulare sulla pelle altrui che lo sport de notra tera più gettonato costì .

Anonimo ha detto...

Grazie a Tutti per i Vostri commenti che ho letto con interesse.
Ha sicuramente ragione il Signor Bruno Courthoud quando afferma che i decreti legislativi, che dovranno disciplinare il tema del federalismo fiscale, non potranno entrare in contrasto con le disposizioni contenute nello Statuto, il quale ha il rango di legge costituzionale. Vero è, però, che – se si escludono le disposizioni in materia di zona franca (art. 14 dello Statuto e norme di rinvio) – l’articolo 12, paragrafo 2, dello stesso si limita (molto genericamente) ad affermare che “La Valle può istituire proprie imposte e sovrimposte osservando i principi dell’ordinamento tributario vigente”. Pertanto i decreti legislativi dovrebbero proprio rappresentare la cornice giuridica nella quale il legislatore regionale dovrà (se lo vorrà) individuare gli strumenti per la realizzazione di una autonomia regionale che non riguardi solo le modalità di spesa delle risorse ma anche il reperimento delle stesse mediante tributi propri. Grazie.

 

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