Partiamo dal Ptp. Come pensate di agire? Prima l’adeguamento di tutti i piani regolatori e poi il suo adeguamento?
Il primo impegno, tenendo conto anche delle esigenze espresse dagli enti locali, è quello di completare l’iter di adeguamento dei piani regolatori al Ptp. Un iter molto lungo, travagliato, anche per via di eventi come l’alluvione del 2000 che hanno posto la necessità di nuove riflessioni e approfondimenti. Nel frattempo si è verificata la produzione di ulteriori strumenti di pianificazione territoriale per cui oggi come Giunta intendiamo completare l’adeguamento in tempi abbastanza contenuti, anche se ancora da definire.
Ma quanti ne mancano ancora?
Circa una cinquantina. Anche se quasi tutti sono in fase di completamento. Noi comunque stiamo facendo una nuova ricognizione per capire esattamente a che punto sono. In particolare vogliamo verificare se ci sono ritardi legati ai Comuni oppure ad approfondimenti di tipo geologico richiesti dall’amministrazione regionale. Finita questa ricognizione si cercherà con gli enti locali di concordare una tempistica il più possibile omogenea.
Circa una cinquantina. Anche se quasi tutti sono in fase di completamento. Noi comunque stiamo facendo una nuova ricognizione per capire esattamente a che punto sono. In particolare vogliamo verificare se ci sono ritardi legati ai Comuni oppure ad approfondimenti di tipo geologico richiesti dall’amministrazione regionale. Finita questa ricognizione si cercherà con gli enti locali di concordare una tempistica il più possibile omogenea.
Già nel 2009?
L’iter di approvazione è molto lungo. Molto ottimisticamente parlerei di 2010. E’ difficile prevedere dei tempi anche perché nel 1998 erano stati dati cinque anni di tempo per realizzarlo. E poi c’è stata l’alluvione che,come ho detto, ha costretto a nuovi ripensamenti. Compatibilmente con le difficoltà dei singoli comuni comunque dovremmo portare a conclusione quell’iter. Soltanto a quel punto si potrà procedere ad un aggiornamento del Ptp. E porre quindi le basi per uno strumento la cui adozione andrà molto più avanti. Sulla previsione dei tempi è necessaria molta cautela.
Prevedete di revisionare la legge urbanistica?
Sicuramente sì. In una logica di semplificazione delle procedura. Ma dopo il completamento del Ptp. Oggi è importante non mutare il quadro normativo perché questo è un elemento di alterazione della pianificazione fatta dai comuni.
Inceneritore e incenerimento discarica attuale. Dato ormai per assodato che per voi è l’unica soluzione percorribile a che punto siamo? E che cosa rispondete alle preoccupazioni delle opposizioni, degli ambientalisti e di una parte della cittadinanza?
Vorrei precisare che in materia di gestione dei rifiuti l’orientamento di base è quello di sostenere tutta una serie di azioni e di scelte che vanno nella direzione di prevenire la produzione di rifiuti e di incentivare ulteriormente la raccolta differenziata, il riciclaggio e il riutilizzo, cioè avere dei livelli sempre più spinti di queste azioni. Questo è, tra l’altro, previsto nel programma elettorale ed è coerente con le varie direttive europee. In particolare ce ne è una recentissima che stabilisce un ordine di priorità nella modalità di gestione dei rifiuti. In prima battuta la prevenzione e poi il recupero, anche quello energetico, e come ultima opzione lo smaltimento in discarica. Mi sembra che le azioni messe in campo siano coerenti con questi indirizzi. C’è poi un fatto oggettivo da tenere in considerazione. Studi fatti evidenziano che c’è una situazione di prossimo esaurimento della discarica di Brissogne nel giro di massimo cinque-sei anni. Questo impone di definire certe scelte in tempi brevi. (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 2 ottobre)
Vorrei precisare che in materia di gestione dei rifiuti l’orientamento di base è quello di sostenere tutta una serie di azioni e di scelte che vanno nella direzione di prevenire la produzione di rifiuti e di incentivare ulteriormente la raccolta differenziata, il riciclaggio e il riutilizzo, cioè avere dei livelli sempre più spinti di queste azioni. Questo è, tra l’altro, previsto nel programma elettorale ed è coerente con le varie direttive europee. In particolare ce ne è una recentissima che stabilisce un ordine di priorità nella modalità di gestione dei rifiuti. In prima battuta la prevenzione e poi il recupero, anche quello energetico, e come ultima opzione lo smaltimento in discarica. Mi sembra che le azioni messe in campo siano coerenti con questi indirizzi. C’è poi un fatto oggettivo da tenere in considerazione. Studi fatti evidenziano che c’è una situazione di prossimo esaurimento della discarica di Brissogne nel giro di massimo cinque-sei anni. Questo impone di definire certe scelte in tempi brevi. (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 2 ottobre)
17 commenti:
Le chiedi dell'inceneritore e lei parla di raccolta differenziata, riciclo, riutilizzo... Non risponde, insomma. Si vergognerà.
@Vincenzo
Da quel che ho capito l'inceneritore rientra nel recupero energetico. Tuttavia nella seconda parte dell'intervista che troverai domani si approfondisce il tema inceneritore. Devo però dedurre che non leggi il Corriere... Ahi..ahi...ahiai!!!!! Un aiuto ad una informazione...«di parte, ma seria» sarebbe salutare...
vincenzo, ma che domande fai alla Zublena! La Giunta regionale ha già deciso nel marzo scorso con altra deliberazione, quando lei non c'era, e quindi lei, poverina, cosa può fare, se non obbedire (a prescindere)?
Per quanto concerne piani regolatori, piano paesistico, legge urbanistica, non vale proprio la pena di spendere una parola in più: si tratta dell'ordinario e normale processo più che burocratico che si sarebbe svolto con qualsiasi assessore. Nessuna novità all'orizzonte per i prossimi cinque anni, che non basteranno neppure per aggiornare i PRG al PTP(si fa per dire, è solo un puro aggiornamento di facciata e formale, costosa ipocrisia allo stato puro).
Evidentemente Rollandin, in sede di insediamento e su sollecitazione dei sindaci, si era sbilanciato un po' troppo, ipotizzando una revisione (?) del PTP in corso di legislatura.
p.s. per chi segue e si interessa dei PRG, è interessante notare che fine stanno facendo gli ambiti inedificabili, in particolare per inondazione (l'alluvione del 2000 ha insegnato molte cose): dovevano rimanere, appunto aree inedificabili:
Nus ha deciso di lasciare edificabili aree in zone alluvionate (si faranno opere di protezione e poi si costruirà), Donnas idem (in analogia a pareri e autorizzazioni già rilasciati, anche per discoteche, dall'ing. Rocco, ing. nucleare diventato esperto di punta in materia di esondazioni acquatiche), si costruirà su palafitte: spazio per l'acqua ai piani bassi e si abiterà ai piani alti. Esempi che faranno scuola, se non l'hanno già fatta. Nei convegni chiamano questo il modo di coniugare lo sviluppo con la sicurezza.
@Curthoud
Mi scusi l'ignoranza, ma il commento sulle palafitte è una battuta o davvero la convegnistica va in questa direzione? Se non è una battuta potrebbe segnalarmi qualche sito dove si parla dell'argomento? Sono molto curioso di vederle queste soluzioni... E forse anche chi ci legge...
Costruire su palafitte è un modo di esprimersi che può sorprendere chi non ha cognizioni strutturali . Basta ( utilizzando cemento apposito ) fare le fondazioni ( plinti/ travi rovesce / soletta piena ) poggiando sul terreno sotto l'acqua e si sale con pilastri fino al primo livello di calpestio / abitazione . Tali pilastri sono chiamati palafitte da Bruno per rendere l'idea agli umanisti Favre style . Nulla di architettonicamente / ingegneristicamente contronatura in quanto indicato da Bruno non certo per battuta .
Aggiungo a quanto prima scritto : la mia era una spiegazione tecnica per il caso in cui si volesse costruire su " pilotis acquatici " , cioè nel fiume , con acqua dalle fondazioni fino a un metro ( o più o meno ) dal primo piano di calpestio . Va da sè che probabilmente a Donnaz si vedrebbero anche edifici il cui primo piano abitato sarebbe alcuni metri sopra il terreno che verrebbe invaso dall'acqua in caso di esondazioni . Cioè da terra al piano abitato si vedrebbero solo i pilastri , con rifiniture ad hoc , fuori emergenze . Un modo di convivere con l'eventuale rischio acquatico .
Il commento sulle palafitte non è una battuta, purtroppo. Ovviamente il temine palafitte non compare da nessuna parte, l'ho forgiato io.
Le aree inedificabili, che i comuni devono (dovrebbero) perimetrare ai sensi ora dell'attuale legge urbanistica hanno una lunga storia che meriterebbe di essere più ampiamente conosciuta.
In due parole, l'inedificabilità assoluta originariamente prevista dalla legge (mi riferisco in particolare alle aree esondabili, le quali dopo la documentazione certa desumibile dalle foto aree scattate durante l'alluvione del 2000), è stata via via "annacquata", sia con interpretazioni della legge che contraddicono la legge stessa (lo stesso ing. Rocco ha rilasciato pareri di cui ha ammesso la presumibile illegittimità, dicendo che se ne assumeva l'intera responsabilità, durante riunioni dell'osservario regionale per l'applicazione della legge urbanistica 11/98) sia con successive modifiche e "linee interpretative" delle relative norme. In dette autorizzazioni il concetto prevalente è questo concetto: se costruisco su pilotis o comunque non utilizzerò il piano o i piani che potrebbero essere "alluvionati ed utilizzo esclusivamente i piani soprastanti (non alluvionabili),non metto (?) nessuno in paricolo ed ho rispettato lo spirito della legge. In ogni caso (es. il caso della discoteca, che non ha una utilizzazione continua nel tempo) posso sempre evacuare in tempo ed evitare i danni. Si dimentica il fatto che queste "palafitte" saranno comunque di ostacolo al deflusso delle acque ed aumenteranno, in caso di alluvione, l'area di occupazione dell'alluvione medesima.
Recentemente il comune di Donnas (uno dei più interessati al problema)ha discusso aspramente la questione in sede di esame della bozza di PRG ed ha ammesso le costruzioni "su palafitte" di edifici residenziali (!) in zone esondabili.
Nei convegni ufficiali(Montagna sicura, ecc.) non si diranno ovviamente mai queste cose "eretiche". Leggo però costantemente un accenno ad un concetto che era molto caro a Cerise (ed ovviamente a Rocco) e che sta alla base di queste scelte (e le giustificherebbe): occorre coniugare lo sviluppo con la sicurezza (e con la protezione ambientale). E' stato il leit-motiv della gestione ambientale di Cerise e mi pare che le cose non siano cambiate. In sintesi: prima lo sviluppo, poi la sicurezza (come si può negare l'autorizzazione ad aprire una nuova attività economica, una discoteca, anche in zona esondabile, se in qualche modo si riesce a trovare una soluzione che salva capra e cavoli?)
p.s. la stessa Corte Costituzionale, in varie pronunce, ha sempre negato drasticamente questa interpretazione: ha sempre sostenuto che motivazioni di ordine economico e sociale non possono prevalere su norme a tutela dell'ambiente e del paesaggio.
Per quanto riguarda la nostra regione, la stessa legge urbanistica ha previsto deroghe espresse per motivazioni economiche e sociali in casi particolari (frane): ovviamente si è dato alla norma la interpretazione più ampia possibile: ad es. è di rilevante interesse economico e sociale ciò che attiene all'infrastrutturazione agricola (strade, ecc.)
Il discorso sarebbe comunque ampio: in poche parole, si dice una cosa e si fa, in pratica, l'esatto contrario. Così difendiamo il nostro territorio.
Mi scuso se sono stato un pò confuso.
Ringrazio sia Curthoud che Borluzzi poichè sull'argomento ci hanno offerto da esperti della materia due differenti punti di vista, entrambi particolarmente interessanti. E' chiaro che ospiteremo anche le controdeduzioni dei soggetti chiamati in causa da Curthoud. Sarebbe interessante, ad esempio, conoscere sulla materia il parere dell'Ing. Rocco.
Da un punto di vista strettamente tecnico, come afferma Borluzzi, ovviamente non c'è nessun problema a costruire su palafitte. Il problema si pone, evidentemente, se per legge, le aree su cui si costruisce vengono invece definite inedificabili e si va a vedere come la giurisprudenza, consolidata e conforme sulla materia, definisce il concento di "edificio" e conseguentemente di "edificazione" e conseguentemente di "inedificabilità".
Basterebbe dire per legge che nelle zone alluvionabili si può costruire su palafitte, ma nessuno vuol dire pane al pane, e tutti preferiscono nascondersi dietro a queste ipocrisie infantili.
p.s. anche lungo la dora, nella zona semiindustriale del Tesolin, in zone alluvionate nel 2000 con notevoli danni, sono già state rilasciate concessioni edilizie con abitazione al primo piano, penso in seguito al parere idraulico dell'ing. Rocco. Il pian terreno, come ho potuto constatare di persona, non era inutilizzato, ma era regolarmente utilizzato come ufficio e deposito, non so se regolarmente o no. Questo avviene dopo l'alluvione del 2000.
A questo punto, forse, qualcuno potrà anche capire perché diversi funzionari, che avevano il solo difetto di essere corretti, sono stati demansionati, allontanati da posti delicati, ovvero messi in condizione di non nuocere e sostituiti con funzionari più "manovrabili", come dicono i politici in camera charitatis, ovvero meritevoli, efficaci ed efficienti, come dice l'anticostituzionale legge 45/95.
Courthoud ( con la " o " che lei omette , francofilo Favre ! ) ha scritto da urbanista , io da strutturista . Urbanisticamente , io direi che , nel migliore dei mondi possibili , Courthoud direbbe cose ineccepibili , ma in questo bisogna essere concreti e costruire in maniera adeguata in rapporto alla limitata quantità di terreni edificabili in certe parti di alcuni comuni . Questo in quanto la sicurezza anche con le " palafitte " è totale , per cui non condivido il dilemma tra sviluppo e sicurezza : possono convivere d'amore e d'accordo . Il " buco " sotto la parte abitata può essere variamente utilizzato ( parcheggi e depositi ) e reso visivamente accettabile .
@Borluzzi
C'è per tutti una prima volta. Del resto lei è la prima volta, ad esempio, che fa il difensore d'ufficio delle scelte della Giunta regionale...
Sto ovviamente scherzando. So benissimo che lei sta esprimendo un parere puramente tecnico e non ha alcuna intenzione di essere avvicianto all'operato dell'amministrazione regionale per cui eviti di puntualizzare. La prego.
Confesso di non leggere il Corriere, se non sporadicamente. Leggo i giornali online.
Tra i cartacei La Stampa, la Repubblica e i settimanali locali se li trovo al bar. Vedrò di rimediare...
Comunque questa del recupero energetico è davvero spassosa. Non vedo l'ora di leggerla...
Non sono manicheo , per cui l'ipotesi di costruire in zona già alluvionata non è da me scartata a priori solo perchè condivisa anche da una maggioranza regionale che combatto per il suo integralismo , il culto dell'inesistente e il disinteresse per l'alpinismo . Se mi oppongo a determinate problematiche rossonere non necessariamente rinuncio all'analisi critica di ogni posizione in ogni campo . Non mi infastidisce poi per nulla che si dica eventualmente che la penso come l'UV su temi non libertari-etnici-linguistici . Diciamo che sono un fanatico del far east che si è sovente dilettato ad analizzare le palafitte e giudicarne la bontà statica . Da qui le mie puntualizzazioni . Se posso aggiungere : io sarei più attento al costruire in zone sulle quali potrebbe franare qualcosa ( eventualità di difficile prevenzione non sapendo cosa franerà ) rispetto all'edificare ( con buon senso , obviously ) ove ci furono esondazioni : queste possono essere predeterminate e si può correre ai preripari in sede di piano regolatore e di progetto strutturale .
Un articolo pubblicato sulla Sentinella del Canavese di oggi spiega che a Donnas sono state ridotte le aree edificabili con, se ho ben capito, una maggior attenzione alle aree a rischio frane e che su quattro interventi di tipo abitativo ben tre sono ristrutturazioni. Mi sembra una buona notizia.
Non sarei però completamente obiettivo se non segnalassi anche l'articolo uscito oggi su La Stampa dal titolo «Le zone a rischio sono diventate meno rischiose» dove si parla del provvedimento della giunta regionale mirato a fare chiarezza sulle zone ad alto rischio (rosse) e a medio (gialle).
In effetti, la volontà regionale è quella di far diventare meno rischiose le zone a rischio (in altre parole far diventare gialle le zone rosse, ecc.). Tutta la materia (la legislazione originaria e le successive modificazioni e linee guida succedutesi nel tempo, le interpretazioni che vengono date della legislazione in sede di approvazione degli ambiti comunali inedificabili, in sede di rilascio di pareri e nullaosta, ecc.) meriterebbero una maggiore attenzione da parte di chi di dovere. Si è passati, anche in relazione all'onda emotiva provocata dall'alluvione del 2000, da posizioni rigorose e condivisibili (es. salvaguardare le poche aree di espansione della dora ancora esistenti, rigorosità nelle aree a pericolo alto o rosso, ad un annacquamento sempre più marcato ed oblioso del passato.
Purtroppo tutte le modificazioni alla legislazione in materia sono passate in Consiglio senza sollevare alcun dibattito (l'essenza vera delle modificazioni viene nascosta tra le pieghe e motivata stile ing. Rocco oggi sulla Stampa).
Sarebbe interessante se qualcuno si prendesse la briga di andare a verificare gli ambiti inedificabili approvati dalla regione, come sono stati approvati, e verificare inoltre i vari pareri favorevoli rilasciati in materia idraulica e confrontarli con le aree alluvionate nel 2000. Le sorprese sarebbero assicurate.
p.s. non date troppo peso a quanto dicono in merito i giornali che raccolgono le informazioni dagli interessati, e tanto meno alle belle parole con cui vengono conditi i convegni e i congressi che parlano di queste materie (ho sempre detestato i convegni e i congressi per le loro ipocrisie formali).
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