6 marzo 2009

I costi e i benefici economico-finanziari dell'autonomia (2)

Propongo ai visitatori del Blog la seconda parte delle conclusioni dello studio di Giorgio Brosio e Federico Revelli sui «I costi e i benefici economico-finanziari dell' autonomia e dell' integrazione: i rapporti tra Italia e Valle d' Aosta all' interno di scenari istituzionali alternativi». La prima è stata pubblicata ieri. Domani l'ultima.

In questo scenario vengono mantenuti legami con il sistema di sicurezza e di previdenza sociale italiano e con la gestione complessiva del debito pubblico, ma vengono reci-si i restanti legami con il bilancio dello Stato. Il residuo fiscale positivo della Valle subisce un forte ridimensionamento. Secondo le nostre stime, questo scenario comporterebbe una riduzione del reddito prodotto in Valle pari a poco più del 12 per cento rispetto allo status quo e quindi una caduta del tenore di vita nell'immediato di pari entità. Consumi ed inve-stimenti privati si ridurrebbero automaticamente insieme a quelli pubblici, a meno che la Valle si avventuri in una politica di deficit spending non sopportabile, però, nemmeno a medio termine.

Serve un cambio di politica
Lo shock, cioè la sfida posta dall'autonomia, richiede una risposta, ovvero un cambio di politica. I consumi pubblici dovrebbero essere snelliti e comunque la loro produzione resa più efficiente, ciò che comporta peraltro una riduzione dell'occupazione pubblica. Accanto ai consumi pubblici, il governo della Valle dovrebbe ristrutturare il sistema dei tra¬sferimenti alle persone e di quelli a favore delle attività economiche. In termini di slogan si può dire che la politica nei confronti dello sviluppo locale dovrebbe trasformarsi da assi¬stenziale in produttivistica, od efficientista. La via non è semplice, ma comunque è obbli¬gata e vale la pena di percorrerla dato che, come è ben chiaro a tutti, la politica attuale non genera risultati duraturi in termini di sviluppo.

Il doping della finanza pubblica
In effetti, la Valle d'Aosta ha un livello di reddito pro capite fra i più elevati in Italia. In parte, perché inserita in un sistema economico molto sviluppato, quale quello del Nord Italia e dell'Europa più in generale, in parte perché «dopata» dalla finanza pubblica, in parte ancora per la peculiare situazione geografica. I dati più recenti sullo sviluppo del reddito e dei consumi mettono però in evidenza, come abbiamo menzionato, un rallentamento della crescita rispetto a quella delle aree più ricche del paese, cioè un'erosione lenta ma continua, pare, della posizione relativa. In una certa misura questo rallentamento è dovuto alla maggiore autonomia finanziaria acquisita negli anni più recenti, cioè alla riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato. In sostanza, una parte, piccola, delle trasformazioni il cui impatto abbiamo simulato in questo lavoro, è già avvenuta e le cifre che lentamente sono rese disponibili lo dimostrano.

Un'economia assistita
Probabilmente, però, una parte della perdita di posizioni relative è anche da imputare al carattere di economia assistita, incapace di trovare al proprio interno gli incentivi per l'utilizzo efficiente delle risorse nel momento in cui queste vengono progressivamente ridimensionate e di sviluppare una mentalità imprenditoriale in grado di sostituire gli interventi finanziari pubblici con investimenti in capitale, fisico e umano, e in maggiore rischio.
In definitiva, abbiamo l'impressione che la sfida della maggiore autonomia diventi obbligata se si vuole arrestare e poi invertire il declino.

Le dimensioni della risposta da dare
Proviamo a quantificare le dimensioni della risposta da dare, più precisamente proviamo a quantificare i tempi e i ritmi del recupero rispetto alla caduta iniziale di reddito nel passaggio allo scenario "struttura federativa moderna". Una riduzione del prodotto lordo del 12 per cento, cioè dai 4.348 miliardi dello status quo ai 3.820 del primo scenario di cambiamento, comporta, partendo da quest'ultima base più bassa, che sia necessario un recupero complessivo di sviluppo economico di oltre il 13 per cento. Se scaglionato in 10 anni, esso richiederebbe che la nuova politica di sviluppo della Valle fosse in grado di imprimere un'accelerazione - in aggiunta cioè alla crescita economica che altrimenti si avrebbe - di almeno 1,2 punti percentuali annui. Un compito non da poco, ma nemmeno del tutto irrealistico. Se il recupero venisse compresso in 5 anni solamente, l'accelerazione aggiuntiva da imprimere sarebbe doppia, cioè del 2,4 per cento, un ritmo di tipo quasi "asiatico" difficilmente ipotizzabile.

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