6 marzo 2009

I costi e i benefici economico-finanziari dell'autonomia (3)

Propongo ai visitatori del Blog la terza parte delle conclusioni dello studio di Giorgio Brosio e Federico Revelli sui «I costi e i benefici economico-finanziari dell' autonomia e dell' integrazione: i rapporti tra Italia e Valle d' Aosta all' interno di scenari istituzionali alternativi». Qui trovate la prima e qui la seconda. Un po' di commenti sono come sempre graditi.

Nella logica del modello che abbiamo utilizzato in questo lavoro, è chiaro che le pos­sibilità di crescita dell'economia regionale nel suo complesso sono agganciate al settore di base, cioè al settore di esportazione nel quale la regione si specializza e che si dedica ad attività destinate al mercato esterno. L'occupazione complessiva della regione, e quindi anche quella generata nelle attività complementari al settore di esportazione, dipende comunque dal livello e dal dinamismo di quest'ultimo. In presenza di una riduzione di quello che si può definire come «export pubblico», con esso intendendo sostanzialmente il residuo fiscale positivo garantito dallo Stato, la crescita dell'economia può essere mante­nuta, sempre alla luce del nostro modello, solo con una corrispondente ripresa del settore privato di base.

L'apertura verso l'esterno dell'economia valdostana
Tuttavia, l'attuale grado di apertura verso l'esterno dell'economia valdostana - di per sé sufficiente a garantire un elevato livello di consumi interni in presenza di una cospicua inie­zione di fondi dallo Stato - è invece insufficiente a fare da traino all'economia in una pro­spettiva di sostanziale autonomia finanziaria. Se paragonato alla media delle altre aree ita­liane (ed, in particolare, alla situazione di alcune province e regioni settentrionali caratteriz­zate da un elevatissimo grado di apertura verso l'esterno), il potenziale di competitività
extra-regionale della Valle d'Aosta non sembra essere al momento sfruttato adeguatamente, cioè in relazione al ruolo che dovrebbe rivestire in una situazione in cui viene a mancare la stampella rappresentata dal residuo fiscale positivo.

Le risorse naturali
Entra qui in gioco il problema delle risorse naturali, cui dobbiamo dedicare un momento di attenzione in queste conclusioni. Le risorse naturali della Valle d'Aosta sono costituite, principalmente, dall'ambiente alpino favorevole allo sviluppo turistico e dalle acque. Quantunque la Valle d'Aosta abbia una forte specializzazione turistica, esistono tuttora margini di sviluppo non ancora sfrut­tati. Basta fare un breve confronto con il Trentino Alto Adige per rendersi conto di ciò che può essere fatto rimanendo nell'ottica di una politica turistica italiana. Ma se si amplia un poco lo sguardo ad altri indirizzi di politica di attrazione turistica, ad esempio quella con­nessa ai parchi naturali, e si osserva non solo quanto viene fatto nei paesi extraeuropei, ma anche nella vicina Francia con i parchi alpini, gli spazi di espansione diventano evidenti.

Negli scenari di maggiore autonomia regionale, la Valle d'Aosta si riapproprierebbe anche delle risorse naturali disponibili sul territorio, prima fra tutte - anche se non esclusi­vamente -1'acqua destinata alla generazione di energia elettrica. L'impatto sull'economia e sulla finanza regionali dello sfruttamento autonomo delle acque non è semplice da valu­tare, in quanto coinvolge il medio-lungo periodo e richiede di effettuare previsioni circa gli andamenti congiunturali futuri e gli effetti dei processi di privatizzazione e liberalizzazio­ne.

Abbiamo comunque proceduto ad una stima del profitto industriale lordo (dato dalla differenza tra il valore della produzione e quello dei costi) ottenibile dall'esercizio dei dirit­ti di proprietà su queste risorse, che si fonda sui dati di costo e di profitto del produttore nazionale italiano e su una stima dei differenziali di costo fra le varie fonti di produzione che abbiamo derivato da un confronto fra le situazioni europee.
Il volume di profitti lordi che abbiamo stimato - all'incirca pari a 115 miliardi - deve essere portato in deduzione del residuo fiscale al netto delle imposte gravanti sui profitti stes­si (pari a poco più del 40%), di cui si è tenuto conto nel calcolo del residuo. Ciò non solo per­mette di ridurre ulteriormente il costo del passaggio all'autonomia`, ma soprattutto attribui­sce al governo della Valle delle leve addizionali di intervento sull'economia regionale.

Possibile ridurre il costo dell'impatto finanziario dell'autonomia
Occorre peraltro ragionare, anche in riferimento a questo settore, in una prospettiva di lungo periodo caratterizzata dall'evoluzione tecnologica e dall'impatto del processo di pri­vatizzazione e di liberalizzazione. In questa prospettiva a lungo termine, il prezzo dell'energia prodotta e venduta e il profitto derivabile sono destinati a scendere (a meno di rispar­mi di costo superiori ai tagli tariffari), anche se il sentiero di evoluzione è influenzato da andamenti congiunturali e tecnologici oggi praticamente imprevedibili.
Ritornando all'impatto finanziario del passaggio all'autonomia, esistono strategie alternative per attenuarne il costo, quali rinegoziare i termini di scambio per i servizi acqui­stati dallo Stato italiano in questo scenario, che nella situazione attuale non sono certa­mente favorevoli per la Valle data l'inefficienza dell'amministrazione pubblica italiana, ridurre le quantità acquistate, trovare soluzioni di acquisto diverse. La loro esplorazione, alla quale sono stati dedicati alcuni accenni nel corso del lavoro, fuoriesce però dai compi­ti di questo lavoro e dalle competenze dei due autori.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E' errato il titolo perchè non ci sono rapporti tra Italia e VdA essendo quest'ultima una parte ( piccolissima , un cinquecentesimo a livello di popolazione e l'articolo 3 della Costituzione pareggia i cittadini al di là di ogni loro caratteristica , reale o immaginaria ): i rapporti sono tra la VdA e il Governo nazionale . Nello specifico : chi guida lo Stato deve avere una visione complessiva di tutte , tuttissime , le parti d'Italia e solo in tale contesto deve decidere i fondi da trasferire o in certi casi regalare . Qui si vuole anzichenò considerare la VdA un corpo particolare all'interno dello Stato : ciò è possibile non per un'omogenea graniticità dei residenti in regione , bensì per il loro carattere variegato che già il numero di 25 mila calabresi locali dimostra . Questo studio è a monte inficiato dal sottintendere patrimonio comune quello che è un tormento mentale di qualcuno , cioè la finzione di una diversità che , contro l'evidenza dei fatti , dovrebbe inglobare tutti . Certo lo studio è tecnico , ma il virus preindicato lo inficia per la sua presunzione integralistica .

ImpresaVda on 7 marzo 2009 alle ore 09:17 ha detto...

Borluzzi questa volta si sbaglia. Il federalismo qui ipotizzato non è su base etnica. Si fa un'ipotesi di scuola. Probabilmente a me è più chiaro perchè ho l'intero testo in mano. Su questo posso darle ampie rassicurazioni.Su questi elementi è possibile ragionare. Si tratta di uno studio fatto con onestà intellettuale.

 

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