16 giugno 2009

La Chiesa e l'Europa

Anche se con un po' di ritardo propongo ai miei visitatori il fondo che ho pubblicato la scorsa settimana sul Corriere della Valle. Come capita spesso l'argomento non è di tipo economico.

L’ultima tornata elettorale è stata segnata dalla crescita dell’astensione (anche in Valle d’Aosta). Un fenomeno che preoccupa in quanto è un chiaro segno di disinteresse per la realtà europea da molti vista come troppo distante, mentre il suo ruolo si fa di giorno in giorno sempre più centrale. La Chiesa tuttavia guarda da tempo alla realtà europea con attenzione come testimonia anche il lavoro del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee).

E per questo i Vescovi credono nel cammino intrapreso pur non nascondendo le criticità. In campo italiano meritano attenzione, ad esempio, le riflessioni di mons. Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio e delegato della Conferenza episcopale italiana presso la Comece. «Il processo di integrazione deve andare avanti accogliendo, anche a partire dalla propria storia, una maggiore coscienza della propria identità. – osserva Mons. Ambrosio - Questo venir meno della propria autoconsapevolezza culturale e spirituale è l'aspetto più critico dell'Europa e fa sì che i cittadini avvertano Bruxelles lontana dal proprio vissuto quotidiano, pur riconoscendo il raggiungimento di risultati interessanti dal punto di vista economico come la stabilità della moneta unica di fronte alla crisi».

Ma non basta. La disattenzione dei cittadini «per i quali l'Ue rimane una realtà astratta - prosegue mons. Ambrosio - è a mio parere dovuta anche alla mancanza di una visione culturale e politica che sappia rispettare e valorizzare le diverse sfaccettature presenti sul continente». Secondo il presule «c'è da lavorare davvero molto per avvicinare gli europei alle istituzioni Ue, e non solo sul versante dell'ingegneria istituzionale».

Quale allora il compito della Chiesa? «Essa - conclude il Vescovo - non deve stancarsi di rammentare la motivazione di fondo dell'Ue: è ancora poco il cammino compiuto nel percorso immaginato dai padri fondatori. Occorre formare figure capaci di ricostituire lo spirito unanime necessario a salire i gradini dell'integrazione, e questo partendo dalle università, dalla cultura in generale. Non si può prescindere da una seria formazione se si vuole portare un orizzonte europeo nella mente degli europei e costruire una cultura di impegno e cittadinanza».

L’Ue insomma non deve rinunciare all’obiettivo di dare vita ad una società più giusta, fondata sul rispetto dei diritti umani, sulla dignità della persona, la cooperazione vicendevole, la solidarietà e la sussidiarietà, la giustizia e la difesa della vita. Negare l’Europa significa anche negare tutto questo.

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