Vinum pro sancta missa. Anche la Valle d'Aosta ha il suo vino da messa. Si tratta del Flétri Vallée d'Aoste 2008, all'italiana passito, realizzato dal Consorzio 4000mètres Vins d'Altidude, presieduto da Elio Giuseppe Cornaz, e presentato ieri pomeriggio presso la sala priorale del Priorato di Sant'Orso. 1600 le bottiglie di un vino imbottigliato e sigillato secondo le norme del diritto canonico e della «Costituzione Apostolica Missale Romanum» sotto il controllo della curia vescovile di Aosta. Le uve sono state raccolte presso le parrocchie di Morgex, Avise, Nus e Chambave e il vino è stato realizzato presso la Crotta de Vegneron di Chambave che con la Cave du Vin Blanc de Morgex et La Salle e la Co-Enfer di Arvier costituisce il Consorzio: 330 conferitori e circa 700mila bottiglie.
Per chi non fosse pratico di diritto canonico applicato alla viticoltura sappia che il vincolo principale nella vinificazione di un simile vino, come spiegato dal vicario generale e priore di Sant'Orso don Franco Lovignana, è il rispetto della «genuinità» del prodotto, cioè senza aggiunta di sostanze chimiche. Il blend in questione, come spiegato dagli enologi Gianluca Telloli e Andrea Costa, si ottiene da uve Prié blanc, Pinot gris della zona dell'Enfer e di Nus e Muscat de Chambave. Perfino le botti sono state realizzate sulla scorta di alcune antiche pubblicazioni dove veniva descritta una modello di botte valdostana costruita in castagno e larice. Un bottaio di Nus le ha costruite e l'artista Giangiuseppe Barmasse vi ha scolpito su una il simbolo dei canonici di Sant'Orso e sull'altra quello dei canonici della Cattedrale.
L'operazione più che commerciale è un atto di gratitudine nei confronti delle tante figure di sacerdoti che hanno permesso il mantenimento della tradizione vitivinicola in Valle d'Aosta a partire dai Canonici del Gran San Bernardo e all'impegno dell'Institut Agricole. Per questo il vino sarà offerto ad un «prezzo politico» ai sacerdoti valdostani, mentre per i privati il prezzo si attesterà intorno alle normali quotazioni di un passito valdostano, cioè 18 euro.
Telloli non esclude che per un simile vino ci possa essere qualche interessamento sul mercato svizzero, mentre sul fronte italiano appare difficile avventurarsi in quanto i vini da messa siciliani (leggasi Mazara del Vallo) sono proposti a prezzi che non superano i 4 euro la bottiglia, con i quali le piccole produzioni valdostane non possono davvero confrontarsi.
Il crinale fra protesta e democrazia
10 mesi fa
5 commenti:
Sconcertante tentativo di mixare sacro e propagandismo localistico profano. Fossi sacerdote in Valle sceglierei vini foresti.Il passaggio sul prezzo di favore per chi opera nelle case del Signore valdostane è il peggio del peggio. Come si faccia a non capire la negatività del post nel suo complesso è per me incredibile, negatività consistente nel rendere commercialmente immanente ciò che va rispettato come trascendente. Certo le sensibilità delle persone sono diverse...
@ Borluzzi
Il vino da messa non esiste soltanto in Valle d'Aosta e la tradizione di sacerdoti dediti al settore vitivinicolo è reale. Basta pensare a don Alexandre Bougeat. Inoltre in questo caso direi che il propagandismo ce lo vede soltanto lei. Sull'etichetta - le assicuro - non c'è traccia di francese... A meno che questo ormai per lei non sia più un problema così pressante... Nello stracciarsi le vesti la furia è sempre cattiva consigliera...
Che il vino da Messa esista dappertutto è lapalissiano, come è legittimo che un sacerdote sia interessato al settore vitivinicolo come può esserlo verso numismatica o missilistica. Il propagandismo sfociante nell'esaltazione di una sostanziale autarchia bacchica in un evento in cui il vino vale in modo ben diverso dal come lo è su una tavola imbandita, può infastidire qualcuno e non altri, dipende dai dna. Il francese non è mai stato un problema per me, a differenza dell'insufflarlo a tutti, volenti o nolenti o indifferenti o calabresi o valbrembanici. Alla frase forse malignetta secondo cui l'armamentario collegato alla lingua indicata venga da me accantonato per accadimenti contemporanei, rispondo che nulla di nulla è in me cambiato. Non ho poi capito il concetto di furia cattiva consigliera. Mutatis mutandis, da ultimo, direi che, siccome nelle celebrazioni non si utilizza solo il vino, non vorrei che per analogia si lodasse anche un'eventuale ditta chez nous che produce l'altra componente necessaria. Per analogia, perchè no? Qui non si coltiva il grano, ma si può autarchicamente lodare la nostra acqua, cristallina e tipica per questo o quello, componente fondamentale del secondo prodotto in questione.... Capisco comunque che per un autoctono sia più arduo afferrare le reazioni contrarie alle manifestazioni fuori luogo dei micronazionalismi.
@Borluzzi
Errore. Qui un tempo si coltivava in molti posti e ora un po' meno la segala che serve per il pane nero. Di conseguenza...
Faccio tuttavia una ulteriore precisazione che troverete sul Corriere della Valle. Don Franco Lovignana ha infatti ricordato come la liturgia in merito al vino dica «frutto della vite e del nostro lavoro». Di conseguenza il richiamo non è autarchico, ma si tratta semplicemente di una comunità che si ritrova per pregare e porta sull'altare le proprie fatiche.
Borluzzi - la prego - per una volta metta da parte tutte queste inutili beghe sui micronazionalismi e le riservi per chi di dovere. In tutta onestà lei sta sparando sulla Croce Rossa...
Termino perchè è un dialogo tra sordi. Ci sono, comunque, nella Croce Rossa locale, posizioni da Istituto Luce (chi non ha visto le trebbiature del grano?) che vanno denunciate, anche se poi la propensione a quel micronazionalismo che non devo citare crea opera di sbarramento verso un confronto doveroso perchè si mescolano impropriamente la spada (con le locali aberrazioni da avanspettacolo) e la Croce (alla quale sola mi genufletto).That'all for me.
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