Elio Ottin |
Lei è reduce
dal Vinitaly come era organizzata la presenza valdostana?
C’era uno stand istituzionale della regione dove erano
presenti il personale dell’Amministrazione regionale e i Sommelier della Valle
d’Aosta e poi vari stand minori dove eravamo presenti noi produttori.
Organizzativamente una scelta ben fatta. Tanta gente passava prima al banco di
assaggio regionale dove erano presenti tutti i vini e potevano già farsi un’idea,
una panoramica e poi andare a trovare il produttore che lo interessava.
Commercialmente il Vinitaly come è
andato?
Ho trovato un
crescente interesse per i vini autoctoni valdostani. Sia all’Italia che all’estero
si riscontrano forti richieste.
L’Asia è sempre più conquistata dal vino
italiano avete avuto qualche testimonianza di questo grande interesse?
Sì. Noi ormai
da due anni lavoriamo su Honk Hong con un importatore. E a detta sua fino a
circa quattro anni fa c’era soltanto vino francese in Asia. Adesso il vino
italiano sta pian piano conquistano il suo spazio.
Da quanto tempo si dedica a
questa attività?
A tempo pieno
da una decina d’anni. Prima ho lavorato per quasi vent’anni all’Assessorato all’Agricoltura
della Valle d’Aosta e ho sempre svolto questa attività in modo part time. Poi
mano a mano mi sono allargato finché non ho deciso che era il momento di fare
il passo.
Quanti ettari, quante bottiglie e,
soprattutto, quali vini producete?
Attualmente
coltivo quattro ettari e mezzo e produco quattro vini: un bianco, la Petite
arvine, e tre rossi, Pinot nero, Fumin e Torrette Supérieur per un totale di
35mila bottiglie.
Avete una buona produttività…
Direi il
giusto calcolando che i nostri vigneti sono impiantati abbastanza stretti.
Autoctono o internazionale?
Vanno proposti
entrambi. Noi abbiamo impiantato le vigne in base al terreno e ala giusta
posizione di conseguenza non è stata una scelta commerciale. Per uscire dalla
Valle l’internazionale aiuta farti conoscere in quanto la gente prima di tutto
beve qualcosa di conosciuto poi se gradisce nasce l’interesse e la curiosità di
provare qualcos’altro e così l’autoctono va bene.
Con il meteo è sempre una bella lotta?
Meno male che
è così. E’ un bene che non riusciamo a governare proprio tutto altrimenti
sarebbe troppo monotono.
Avete recentemente vinto il sondaggio di
ImpresaVda sul miglior produttore di vino valdostano. Al di là del premio
specifico quanto conta oggi la notorietà in rete?
E’ un modo di
farsi conoscere, soprattutto tra i giovani, molto efficace. Difficile definirne
il peso, ma c’è. E’ fondamentale avere un sito internet.
L’enoturismo sta crescendo. Quanto vino
si riesce a vendere direttamente, senza intermediari?
E’ un fenomeno
sicuramente in crescita. Negli ultimi anni a detta dei ristoratori, ad esempio,
c’è sempre più gente che viene in Valle d’Aosta per passare un paio di giorni
di vacanza per aver la possibilità di andare in azienda per conoscere il
produttore e avere la possibilità di comprare il suo vino. E’ un turismo da guardare
con un occhio di riguardo e da incentivare in quanto fa lavorare molto bene due
realtà in sinergia, cioè l’agricoltura e il turismo. Vendere poi direttamente
in azienda ha il vantaggio di parlare direttamente con il consumatore finale, di
vendere ad un altro prezzo e crea un indotto non indifferente.
Come è andata l’ultima vendemmia?
L’ultima è
stata caratterizzata da un forte calo di produzione. Noi ad esempio abbiamo
riscontrato un calo del 30% dovuto a non si sa bene quale motivo. In alcune
zone ci sono stati problemi sanitari, in altre di siccità, non né l’uno né l’altro
però il calo c’è stato comunque. Fortunatamente non c’è stato il calo di
qualità. Anzi direi che è ottima.
In proporzione è più importante il lavoro
in cantina o in vigna?
Per me l’80%
lo fa la vigna e il 20% la cantina. Mi spiego. Sicuramente devi lavorare bene
in vigna e non devi sbagliare niente. E poi in cantina non è che pigi l’uva e
lasci così. Devi comunque governarla e quelle quattro regole fondamentali vanno comunque adottate anche in cantina.
Un sogno imprenditoriale da realizzare…
Il mio sogno è
quello di mantenere quanto fatto fino adesso sperando che mio figlio lo porti
avanti e lui realizzi il suo sogno.
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