Giuseppe Balicco |
Mossoni: Dal punto di vista economico complessivo l’agricoltura, che
normalmente è già definita come un settore anti-ciclico, cioè soffre quando l’economia
va bene e viceversa riesce a resistere quando va male, a livello nazionale
regge. Purtroppo a livello locale scontiamo il fatto di essere stati
precedentemente in una situazione migliore rispetto al resto del Paese. L’autonomia,
la possibilità legislativa da parte della Regione in materia di agricoltura, e
le risorse che c’erano ci hanno messo in condizioni migliori rispetto a quanto
accadeva al di fuori dei confini regionali. Ora anche noi tra crisi economica,
taglio delle risorse siamo in una situazione critica. C’è una forte mancanza di
liquidità con mercati molto fermi e che non pagano o comunque sempre più
ritardati. Questo aggredisce il settore e inevitabilmente pesa sugli
investimenti.
Si parla di un
ritorno dei giovani. Anche in Valle?
Balicco: Se non ci limitiamo a questo ultimissimo periodo direi di
sì. Nel medio-termine c’è sempre stato un notevole interesse da parte dei
giovani. I corsi per i giovani-agricoltori realizzati dall’Amministrazione
regionale sono sempre frequentati e, per
giunta, da un livello sempre più alto di giovani imprenditori che qualche volta
impiantano aziende nuove, altre volte ne rilevano alcune in fase di chiusura,
ma direi che si tratta di una presenza mediamente buona in Valle d’Aosta
Quali sono i numeri
del settore?
Mossoni: C’è stato un costante calo degli addetti. I professionali, cioè quelli che lavorano esclusivamente nel
settore agricolo e sono iscritti alle liste previdenziali dell’Inps, attualmente sono intorno ai 1400,
cioè 1400 piccole imprese. Il settore trainante sia come volume d’affari che
come addetti è quello zootecnico. Soprattutto in questo settore c’è stato un
calo degli addetti, ma un calo non equivalente delle superfici, questo
significa che molte superfici sono state recuperate e che conseguentemente è
aumentata la dimensione media aziendale. Ciò significa che andiamo sempre più
verso aziende più strutturate. La tipica azienda familiare, con pochi capi, limitata alla sussistenza tende a sparire. Le
aziende che si stanno formando sono dunque più tese al mercato, con un numero
di capi e di superfici più alto. Il settore viticolo è un po’ particolare che
nella nostra regione gode di una salute migliore anche per il valore aggiunto
superiore che si riesce ad avere sul prodotto.
Il giro di affari?
Mossoni: Una cinquantina di milioni. In gran parte zootecnico. La viticoltura
pesa per sette e poi numeri più ridotti per ortofrutta, miele e piccoli frutti.
La Valle sul fronte dei fondi europei si è ben
distinta con percentuali di spesa superiori al 70%, ma adesso si deve individuare politica agricola comune
da attuare in Italia. Quali sono le vostre principali preoccupazioni?
Balicco: Noi abbiamo sollecitato l’Assessorato in merito e abbiamo
compreso che anche lui è molto sensibile al tema. L’Italia dovrà dare delle
indicazioni valide su tutto il territorio entro giugno. Indicazioni che
dovrebbero essere il risultato di una concertazione tra Stato e Regioni. Noi
abbiamo invitato l’Assessore per cercare di fare sinergie con altre regioni di
montagna in modo da individuare dei percorsi che possano essere alla fine
favorevoli. Ci sono aiuti aggiuntivi per le piccole aziende, per quelle di
montagna, per i primi ettari, la definizione dell’agricoltore professionale
sono tutte condizioni che ben si calano sul nostro territorio e, quindi, sarà
importante che le decisioni prese a livello nazionale facciano sì che gli aiuti
che arriveranno agli agricoltori valdostani possano essere interessanti…
La difesa del made in
Italy è un tassello fondamentale...
Balicco: Ovviamente.
Ezio Mossoni |
Mossoni: C’è stata un’ottima adesione da parte degli agricoltori, l’utenza
invece è stata un po’ inferiore rispetto alle attese. Alcuni contatti sono
stati proficui e già portati a termine. L’iniziativa è senz’altro da ripetere
in quanto l’esperienza, maturata con i vari mercatini che annualmente
organizziamo, ci insegna che la valutazione non va fatta alla sera, ma nel
lungo periodo. All’interno di queste manifestazioni, di queste possibilità di
fare rete ci si conosce e spesso i risultati arrivano sempre nel medio-lungo
periodo.
Nel messaggio per la
Giornata nazionale del Ringraziamento i Vescovi italiani scrivono «Non sempre,
nelle famiglie e nelle scuole, c’è stima adeguata per chi sceglie di fare
l’imprenditore agricolo». Anche in Valle è così? E se è così che cosa si
dovrebbe fare per modificare questa situazione?
Balicco: Direi che questo vale soprattutto per le grandi aree urbane.
E anche in quelle aree si sta riducendo anche grazie alle campagne di
valorizzazione dei prodotti, contro gli Ogm. Iniziative che vanno a favore sia del
consumatore che dell’agricoltore. Rinsaldano il rapporto tra chi vive in città
e chi in campagna. Tanto è vero che abbiamo dei livelli molto alti di
iscrizione all’Institut Agricole e pure nelle altre scuole e istituti agricoli
a livello nazionale. E’ uno degli indirizzi di studio che in questo momento è
più ricercato.
Come giudicate il
dialogo con la Giunta regionale? E con
il mondo politico in generale?
Mossoni: Direi che molto buono. C’è la possibilità di un contatto
immediato. Noi soprattutto come organizzazioni professionali abbiamo la possibilità di confrontarci in maniera più
diretta. E’ chiaro che sulle problematiche ci muove ognuno nel rispetto dei
propri ruoli. Attualmente il problema più grande nel mondo agricolo consiste
nel taglio delle risorse per la Regione e a ricaduta sull’entità degli aiuti
del settore.
Una raccomandazione,
una richiesta, un appello, da fare al mondo politico?
Balicco: Dobbiamo lavorare tutti quanti insieme da una parte per
cercare di risolvere il problema delle risorse e mantenere vivo il settore.
Però sempre insieme contemporaneamente dobbiamo lavorare per una forte
valorizzazione del prodotto. Il nostro prodotto principe, che è la fontina, è
sottopagato. Il latte è sottopagato. C’è uno studio recentissimo molto
interessante dell’Inea dove si stabiliscono quali sono i costi di produzione
del latte dal quale si evince chiaramente che l’agricoltore, l’allevatore oggi
ogni litro di latte che produce è in perdita di venti centesimi come minimo.
Questo prezzo va a ricaduta su quello della fontina dove in effetti ci sono
ancora maggiori costi e quindi noi dobbiamo cercare assolutamente - come già fatto in altri settore, ad esempio il
vino - di valorizzare il prodotto. Penso
ad esempio a dei premi per chi produce con grande qualità. Se gli aiuti saranno
sempre meno noi dobbiamo da un lato sburocratizzare e quindi abbassare i costi
e dall’altro aumentare il valore aggiunto del prodotto che vendiamo. Questa è l’unico
sistema per tenere in piedi il settore, altrimenti è destinato al tracollo.
Spesso si mette la
Valle a paragone con il Trentino. C’è qualcosa che vorrebbe rubare a questo
modello?
Mossoni: Credo sia giusto dire pur essendo accomunati dal fatto di
essere entrambe zone di montagna, dal punto di vista produttivo, sociale ed
economico, le differenze sono notevoli. Da loro il settore zootecnico non è
così rilevante, mentre da noi lo è tantissimo. Il Trentino gode di una
situazione dove le quote sono molto più basse, dove le dimensioni, soprattutto
della zona centrale, e mi riferisco alla produzione delle mele, è assolutamente
da non mettere in rapporto con la nostra. Di conseguenza hanno delle politiche
molto interessanti, anche una rigidità rispetto alle regole da cui dovremmo
imparare, ma in sintesi non hanno una situazione così uguale alla nostra. C’è
la filosofia della gente di montagna però poi concretamente si parla di
produzioni non confrontabili. Mi viene perfino da dire che le nostre mele sono
perfino migliori visto il limitato uso di prodotti.
Ma la scelta del
zootecnico fatta negli anni ’70 era l’unica possibile? In fondo ha costi più
alti?
Mossoni: Dal punto di vista territoriale diventava difficile
ipotizzare scenari diversi. Magari qualche vigneto e frutteto in più. Abbiamo
delle fotografie degli anni ’50 dove vediamo che sulle coste, nella bassa valle
c’è orzo, grano seminati fino ad altezze rilevanti, ma immaginiamo i costi che oggi avrebbe
realizzare simili lavorazioni. Quelle erano situazioni in cui l’agricoltura non
era di produzione, ma di sussistenza. Non si faceva caso ai costi.
Il 2014 di Coldiretti
Valle d'Aosta e di quella nazionale?
Balicco: La nostra filosofia anche a seguito del cambio della
Presidenza nazionale, con un giovanissimo presidente di Settimo, prevede un forte
impegno nella tutela del made in Italy, del prodotto locale, la filiera corta
per diminuire i costi e aggiungerei la valorizzazione del territorio, della
famiglia diretto-coltivatrice con un particolare riguardo in questo momento di
crisi a chi si occupa di agricoltura a tempo pieno.
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