Il libro «Costruire il
successo delle destinazioni turistiche. Destination management e strategie di
sviluppo del territorio» edito da Egea è la nuova pubblicazione di Carmine
Tripodi, Professore associato di Strategia e Politica Aziendale presso l’Università
della Valle d’Aosta, oltre che docente dell’Area strategia e Imprenditorialità
della SDA Bocconi School Management.
Un volume che guarda all’Italia nel suo complesso
ma non dimentica di voler essere un contributo di riflessione e azione anche
per la nostra regione.
Si tratta di
un percorso avviato da tempo…
Quando ho cominciato all’Ateneo nel 2000 avevo 30 anni. L’allora
rettore Emanuele Carluccio proprio in virtù della mia giovane età mi chiese di
aiutarlo a sviluppare il filone del turismo con l’obiettivo di diventarne un po’
il capofila se fossi riuscito ad approfondire i miei studi. Proprio dedicandomi
a questa attività ho sempre avuto la sensazione che a livello nazionale il
settore turismo e ristorazione sia molto indietro rispetto a quello industriale.
In effetti in questo settore non abbiamo dei brand internazionali. Ci sono invece
catene alberghiere che a livello
mondiale offrono 600mila camere, cioè pari al 60% degli alberghi italiani.
Stesso ragionamento per quanto riguarda la ristorazione. Tanti buoni ristoranti
ma non c’è il brand della cucina italiana. Ho perciò cominciato a riflettere su
che cosa si potesse fare e ho iniziato a lavorare, anche se in modo non
strutturato, su due livelli: prima ho focalizzato l’attenzione sugli alberghi
poi mi sono reso conto che la competizione internazionale non la si gioca a livello
di singola impresa ma di destinazione. Mi sono perciò chiesto se possa avere un
senso sviluppare una vera e propria strategia di territorio. Ed in effetti è quello il prodotto da
veicolare, cioè il fare una vera e propria strategia di destinazione della
quale i singoli operatori siano una parte, degli stakeolders.
Il libro cosa dice in
questo senso?
Nel primo capitolo faccio emergere quanto occasioni si stanno
perdendo non puntando sulla destinazione mentre all’estero già lo fanno, nel
secondo, quello più teorico, cerco di vedere se fare strategia a livello di
territorio dal punto di vista concettuale ha senso. Che cosa implica e se ci
sono dei fondamenti abbastanza robusti. Una volta che riesco a giustificare
questo punto di vista mi chiedo quali sono le aree critiche da affrontare. La
prima è definire quali sono i contenuti di chi si occupa di risorse del
territorio. Devi fare le brochure per l’evento? Sviluppare il marchio? Fare l’uno
e l’altro? Vendere direttamente il prodotto? Fare la comunicazione? Una
sezione, a mio modo di vedere,, di grande incertezza e debolezza.
Ma questo vale sia
per l’Italia che si propone globalmente sia per una regione come la Valle d’Aosta
che si propone globalmente?
Il concetto di destinazione è con confini variabili. L’importante
è che sia la destinazione a proporsi non il singolo operatore. Tanto per
capirci se vai a fare la fiera di New York non ha senso che vada il singolo
comune. Tanto è vero che la seconda area critica di cui mi sono occupato è
quella dei soggetti. Chi la fa una simile iniziativa in termini di competenze,
di modalità e di processi. Il turismo è un settore molto complesso. Vendere un
luogo che è fatto di tradizioni, prodotti fisici veri e propri, di esperienze e
spesso succede che a livello politico il turismo viene mescolato a mille altre
cose quando meriterebbe un’attenzione maggiore. Il fatto che sia andata sempre
piuttosto bene a livello italiano ci ha fatto pensare che non ci sia bisogno di
fare niente ma questo è sbagliato e ora con la competizione internazionale più
forte i risultati negativi si notano di più. Nell’ultimo capitolo affronto l’ultima
area critica cioè l’approccio, il come, quali possono essere alcuni elementi di
maggiore professionalità di maggiore attenzione dove il chiaro riferimento è al
monitoraggio e all’analisi dei dati. A livello di imprese il controllo dei
risultati è un elemento di eccellenza, mentre per quanto riguarda il turismo sono
convinto che nelle varie regioni italiane chi si occupa di turismo non abbia 20
numeri per sapere come stanno andando le cose. Ad esempio se gli obiettivi che
si era prefisso sono stati raggiunti.
In che senso?
Mi spiego. Si tratta di chiedersi che cosa vuol dire che una
destinazione sta avendo successo. Non è sufficiente soltanto sapere quanti
turisti sono venuti…I prodotti turistici oggi vanno costruiti ma non in termini
di pacchetti. Bisogna prima di tutto interrogarsi su chi è che potrebbe venire
in vacanza in valle d’Aosta. Ad esempio sappiamo che lo sci è in crisi per cui
la settimana bianca non ha più lo stesso appeal di un tempo nell'attuale vita
delle persone. Ma facciamo un ragionamento in più. Pensiamo all'invecchiamento
della popolazione, la maggior attenzione al benessere, la montagna dovrebbe
essere uno dei posti n grado di approfittare maggiormente di questo contesto.
Invece non c’è mai stata una declinazione di un territorio in un nuovo prodotto
più legato al benessere. Occorre creare delle situazioni piacevoli di consumo.
La proposta
generalista non ha più senso…
Faccia un esempio in positivo. Il Tor des Géants è a mio
avviso una delle iniziative più azzeccate organizzate dalla Valle d’Aosta. Oggi
in prospettiva sia non soltanto l’unico evento veramente internazionale della
Valle d’Aosta, ma perfino l’unico marchio di valore internazionale, quasi più
potente del territorio. Se quello un filone bisogna costruirci intorno. E’ un
evento che va cavalcato e intorno al quale vanno costruite delle competenze.
Gli eventi a volte sono più al servizio
delle persone che sono già in vacanza che mirati ad attrarne di nuove.
Sicuramente vuol dire lavorare sulla soddisfazione del cliente migliorandola. E’
importante ma bisogna anche lavorare sul creare occasioni per qualcuno che non
aveva pensato di venire in vacanza in Valle d’Aosta. Di conseguenza per
raggiungere quest’altro obiettivo si deve lavorare a livello di comunicazione
con largo anticipo. Con una rilevanza tale da giustificare il viaggio.
Di conseguenza chi
opera nel turismo non deve soltanto sapere chi viene in vacanza in valle d’Aosta
e perché, ma avere una conoscenza del mercato globale del turismo?
Certamente. Come la Apple controlla la sua azienda, tu
controlli il tuo territorio. Sai quali sono i tour operatori con cui lavori, i
target che stanno andando bene, quali sono le tipologie di turismo, le ultime
tendenza, quali sono l’andamento e la permanenza media, come si stanno muovendo
i tre e quattro stelle sui vari territori, le destinazioni che vanno meglio. Quali
politiche di pricing si possono applicare. Innovazione non vuol dire essere il
primo, essere l’unico, ma essere quello che ha declinato meglio di altri alcuni
concetti noti nella sua attività. Di questa innovazione noi avremmo tantissimo
bisogno. Mentre aspettiamo che arrivi di nuovo la ruota o il fuoco rischiamo di
ritrovarci bolliti.
Qualcuno anche in
Valle d’Aosta ha cominciato a muoversi in questa direzione…
In effetti l’anno scorso il Consorzio del Cervino ha fatto
una gara internazionale per cercare di trovare un partner per sviluppare delle
strategie del territorio e lavorare sul rilancio della destinazione con un
contratto triennale 2013-2015 e hanno a chiesto anche a me di preparare un progetto per conto dell’Università.
La nostra idea è piaciuta e quindi noi dall'anno scorso stiamo lavorando in
questo senso. A luglio abbiamo organizzato dei seminari per gli operatori e ora
stiamo lavorando ad un evento di apertura della stagione nel mese di novembre,
ragionando sulla ridefinizione del posizionamento della destinazione.
Un’applicazione sul
campo del libro…
Non solo. Lo stesso libro ha tratto ispirazione da questa esperienza.
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