Paolo Calosso |
Che
cosa è oggi il Consorzio Trait d'Union? Possiamo dare un po' di
numeri?
Il
Consorzio Trait d'Union è una realtà imprenditoriale abbastanza
complessa. E' costituita da cooperative sociali. Ha un fatturato
aggregato di circa 10 milioni di euro ed ha circa 500 dipendenti. E'
costituito da due tipi di cooperative: le cooperative di tipo A che
svolgono servizi alla persona come la gestione di microcomunità,
ludoteche, comunità minori, asili nido, comunità terapeutiche. E
poi ci sono quelle di tipo B che sono vere e proprie imprese operanti
nei settori tradizionali e all'interno di questi settori fanno
inserimento lavorativo, cioè cercano di inserire le persone
svantaggiate - ad esempio ex-tossicodipendenti, ex-alcolisti,
detenuti - all'interno delle proprie attività.
Prima
della presidenza quale era il suo ruolo all'interno del Consorzio?
Io
provenendo da una Cooperativa di tipo B, la Montfallère, mi sono
sempre occupato di politiche del lavoro. E dunque ho partecipato a
tavoli di discussione all'interno del Consorzio finalizzati a
progetti di inserimento lavorativo.
Quale
è lo stato di salute del Terzo settore in Valle d'Aosta?
Credo
che sia una situazione abbastanza buona anche se dobbiamo dire che il
terzo settore ha vissuto le stesse tensioni, le stesse criticità
della società civile e dunque ha dovuto affrontare sfide nuove e ed
impegnative. Le cooperative sociali da una parte si sono viste un po'
ridurre quella che era l'entità dei servizi in quanto ci sono meno
risorse e le amministrazioni pubbliche hanno avuto grossi tagli e
dall'altra parte le associazioni hanno dovuto confrontarsi con nuove
tensioni sociali. Però credo che ci siano degli aspetti
assolutamente buoni perché il terzo settore si è riunito e una anno
fa ha deciso di costituire il Forum del Terzo settore. Credo che
questo dovrebbe diventare il luogo principe dove le organizzazioni,
le cooperative, la società civile, le associazioni possono
confrontarsi, discutere, affrontare i problemi e fare proposte in
qualche maniera valide per andare verso un nuovo welfare, sostenendo
valori quali quelli della gratuità, della solidarietà e della
responsabilità civile.
Il
trend dell'impresa sociale è simile?
L'impresa
sociale è strettamente collegata al Terzo settore e dunque ha dovuto
anche lei ricollocarsi e riprogettarsi. L'unico vantaggio
dell'impresa sociale è che normalmente abituata ad affrontare
situazioni di criticità, proprio perché al loro interno già
lavorano persone con disagio, difficoltà e dunque c'è più
l'abitudine a sapersi ripensare e riprogettare.
Una
delle grandi novità è la gestione della Cittadella...
Noi
siamo entusiasti di questa esperienza che inizieremo dal 1° di
giugno. L'idea è quella di far diventare i giovani il cuore pulsante
della città. Vogliamo che diventi un luogo di incontro dove i
giovani possano essere protagonisti e curare i loro interessi,
musicali, artistici. Però nel frattempo vogliamo anche affiancarli
con delle proposte formative. Ad esempio abbiamo idea di avere anche
uno spazio per avvicinare la scuola al mondo del lavoro. Tutto questo
non lo faremo da soli. Lo faremo con le associazioni, con il Centro
dei Servizi per il volontariato, con altre organizzazioni che hanno
con noi progettato la Cittadella come l'Eubage che si occuperà di
tutta la parte arte, spettacolo e cultura e Quintetto che invece si
occuperà dei software, della piattaforma informatica, dei new media.
Quanto
conta il fare rete?
Credo
che sia fondamentale. Oggi per poter superare la crisi economica e
occupazionale la rete è uno strumento validissimo. Credo però che
non debba soltanto mettere insieme imprese simili. Noi lo stiamo già
facendo come Consorzio facendo parte di una rete nazionale di
Consorzi, il Consorzio Gino Mattarelli grazie al quale possiamo
esplorare progettualità, iniziative nuove cercando di riportarle,
con i giusti aggiustamenti, in Valle. Però credo che si debbano
mettere insieme risorse differenti, competenze diverse. Occorre che
il no profit impari a lavorare con il profit, con le associazioni,
con gli enti pubblici e la strada maestra sarà sicuramente la
co-progettazione.
Come
è il dialogo con la Pubblica Amministrazione?
E'
sicuramente buono, anche se stiamo vivendo un periodo molto
particolare. La Politica deve ripensarsi in quanto le risorse sono
diminuite e i bisogni sono drasticamente aumentati. Però in questo
senso il Terzo settore può dare delle risposte concrete. Abbiamo
particolarmente apprezzato l'apertura che ha fatto la Consulta
regionale “Salute e benessere” di attivare dei tavoli di
confronto e di concertazione che riguardano l'inclusione sociale, la
povertà, il welfare. Credo che questo sia un modo buono per
affrontare i problemi della collettività
Il
mondo della cooperazione sociale, fortunatamente non in Valle, è
stato segnato da ombre quali sono state le sue reazioni?
Sicuramente
di grosso dispiacere. Non soltanto per le ombre che ponevano sul
nostro settore, ma perché sono state consumate sulle spalle delle
persone più fragili come i profughi che già arrivavano da
situazioni di estrema marginalità e sofferenza. Credo che in qualche
maniera la cooperazione debba essere molto più attenta anche al suo
interno, facendo anche autocritica, però la politica non deve mai
smettere di avere un controllo sulla cooperazione. E' un po' come due
binari che devono viaggiare vicini puntando allo stesso orizzonte
senza mai intersecarsi.
Qualche
novità come Consorzio?
Stiamo
facendo dei pensieri di attivarci su settori nei quali non avevamo
mai sviluppato attività. Vorremmo esplorare aree che riteniamo
strategiche come quelle che riguardano tutta la filiera del riciclo e
del riuso, le fonti rinnovabili, il risparmio energetico.
Sicuramente però per poter procedere su questa strada avremo bisogno
di collaborare anche con organizzazioni profit che hanno livelli di
tecnologia molto superiori e sicuramente integrare le due esperienze.
In questo senso potremo portare un risparmio alla pubblica
amministrazione. Mi rifaccio all'esempio di quello che è stato il
Consorzio di Matera che attraverso ad un intervento sulle luminarie
della cittadina è riuscito a risparmiare grosse quantità di denaro
che sono state reinvestite per sostenere i servizi per i quali ci
sono sempre meno risorse.
Ci
sono già delle partnership ipotizzate?
Sì
ma non vogliamo ancora svelarle. Anche se confermo che ci sono anche
sul territorio valdostano la presenza di notevoli risorse e e
competenze in grado di aprire porte di imprenditorialità fortissime.
Diventa importante la contaminazione tra profit e no profit...
Un
sogno imprenditoriale da realizzare?
In
parte l'ho già detto. Il mio sogno è che tra una decina di anni non
ci sia più questa netta distinzione tra impresa profit e no profit.
Questa contaminazione reciproca potrebbe permettere a noi di crescere
e all'impresa ordinaria di assumere tutto quel know how riguardo alla
gestione del capitale umano e delle risorse. A volte mi viene in
mente il modello tedesco della wolkswagen dove gli amministratori,
gli operai, i sindacati lavorano sugli stessi tavoli per ripensare la
vita futura dell'impresa. Un'impresa sociale è un'impresa che fa
occupazione e mantiene posti di lavoro se riesce anche ad avere
un'attenzione per le fasce più deboli credo proprio che la
distinzione potrebbe venire meno.
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