13 ottobre 2017

Stefano #Zamagni: «#Crescita e #sviluppo non sono sinonimi»

Stefano Zamagni
«Crescita e sviluppo non sono sinonimi. La crescita è uno dei pilastri dello sviluppo. Gli altri due sono la dimensione sociale, cioè l’intrattenere relazioni e quella spirituale, che necessariamente non va intesa in una logica religiosa». Così Stefano Zamagni ha introdotto, sabato 30 settembre il suo intervento, nella sala conferenze della BCC, sul tema «Comunità e sviluppo locale», incontro organizzato dalla Fondazione Comunitaria della Valle d’Aosta, in occasione della quinta Giornata europea delle Fondazioni e dei Donatori, in collaborazione con il CSV e la Caritas. A presentare il relatore il Presidente della Fondazione Luigino Vallet, mentre il dibattito è stato moderato dalla giornalista Rai Alessandra Ferraro. Zamagni ha anche ricordato come nella parola sviluppo, essendo latina, la “s” è privativa di conseguenza significa «togliere i viluppi» e va collegata ad un concetto di libertà. Inoltre ha spiegato come «Svilupparsi vuol dire agire in maniera tale che tutte e tre le dimensioni crescano». Il ragionamento si è poi spostato sulla nuova riforma del Terzo settore che per l’economista, pur essendo sicuramente perfettibile, è un provvedimeento dove le luci sono maggiori delle ombre.

Terzo settore: una buona riforma
Da sinsitra Luigino Vallet, Stefano Zamagni e Alessandra Ferraro

Tre i punti che per l’economista - che ha anche collaborato alla sua stesura rendono la riforma, dopo un travaglio di due anni, una buona riforma:  «Prima di tutto – ha spiegato il professore - il fatto che si passi da un regime concessorio ad uno di riconoscimento. Fino ad ora i 300mila enti di terzo settore presenti sul territorio nazionale per esistere dovevano ottenere la concessione dal prefetto. Ora l’autorità pubblica riconosce la loro esistenza e ne verifica il rispetto del codice del terzo settore con i suoi 104 articoli. Non è un aspetto secondario. E’ un principio filosofico. L’autorizzazione si deve chiedere per fare il male non per fare il bene. Il secondo aspetto è la piena applicazione dell’articolo 118 della Costituzione. Nel 2001 è stato introdotto il principio di sussidiarietà, sino ad ora non applicato perché mancava la legge ordinaria. Ora la titolarità della cura del benessere non è più soltanto dell'ente pubblico, ma anche di cittadini. Infine con questa riforma si riesce a passare da un modello diadico, cioè Stato e Mercato, ad uno triadico, cioè tenendo conto anche del terzo settore. La mancanza di questo faceva sì che quando ci si doveva occupare di simili enti a livello giurisprudenziale si andava per analogia giuridica e succedevano spesso e volentieri dei pasticci. Ho il ricordo di un gruppo scout accusato di evasione fiscale in quanto vendeva le divise senza essere un esercizio commerciale e, quindi non avendo la licenza. Il ragionamento è chiaro. Ci sono aree di bisogni di varia natura dove lo Stato non è sufficiente. I bisogni spirituali soddisfatti da azione reciproca. Le società evolute esprimono bisogni relazionali che non possono essere soddisfatti esclusivamente con riteri mercantili e di comando».

Finanza sociale e sussidiarietà circolare
Entrando più nel dettaglio Zamagni ha manifestato anche la sua gioia in quanto al titolo quinto del codice appare per la prima volta la dicitura «finanza sociale». «Mi piace questa espressione – ha detto il Professore - perché finalmente si fa giustizia. La finanza è nata come finanza sociale, all’interno della scuola francescana, alla fine del 300. Pensate alla realtà dei monti di pietà. Il primo fu istituito a Perugia. Il fine della finanza era creare socializzazione attraverso lo strumento del credito. Si voleva combattere l’usura. Con la rivoluzione industriale invece la finanza si mette al servizio esclusivamente del capitale. A Bologna venne creato il monte dei matrimoni perché le donne non si sposavano in quanto non avevano la dote. Il monte concedeva la somma con interessi minimi, ma imponeva alla donna che nell'arco di 10-15 anni restituisse il prestito con i suoi soldi. L’obiettivo era di liberare la donna dalla sudditanza in quanto per ripagare il debito doveva per forza lavorare. I francescani sono stati un grande esempio di finanza innovativa». 

Un altro aspetto valido della legge è la creazione dei social bot, social loans e dei titoli di solidarietà. «Visto che ci troviamo nella sede di una BCC lo di con molta chiarezza. – ha spiegato Zamagni - Per loro si apre terreno nuovo. Attraverso l’emissione di questi bond, è possibile fare business di alto livello, tenendo anche conto che lo Stato ha creato un fondo di garanzia statale. Fino ad ora il terzo settore poteva contare sulle liberalità o il sostegno degli enti pubblici e sappiamo come in questo momento non siano sufficienti». 

La riforma prevede anche l’introduzione della Vis, cioè la valutazione di impatto sociale. «E’ fondamentale. – ha proseguito il professore - Bisogna imparare che il bene va fatto bene. E la Vis serve a far sapere quanto bene viene fatto il bene. Ad esempio se è rispettato il principio di democraticità. Ma non solo. Se un corso di formazione coinvolge 100 persone devo essere in grado di capire quante persone hanno trovato lavoro con esso quindi quanto si è riusciti a far risparmiare all’ente pubblico come sussidi e quanto si è contribuito alla qualità della vita della comunità». 

Per Zamagni questa riforma è un primo elemento di rottura. «Io mi aspetto una progettualità nuova e uno sviluppo della sussidiarietà circolare, cioè una condivisione di sovranità. Stato, mondo delle imprese e organizzazioni di terzo settore devono dialogare in maniera sistemica in condizioni di parità per definire priorità, interventi e modalità di gestione. Aristotele diceva che la virtù è più contagiosa del vizio purché sia esercitata».

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