23 marzo 2019

Paolo Marjolet (#3commessi): Professionalità, specializzazione e fidelizzazione del cliente


Questa settimana proponiamo l'intervista a Paolo Marjolet, componente del direttivo di  Confcommercio e titolare del negozio 3Commessi.

Tutto inizia negli anni ‘50 con un negozio di tessuti...
Esattamente. I tre commessi a quell'epoca, il 1958, erano soltanto tre ragazzi che lavoravano al negozio Moretto ad Aosta in via Sant'Anselmo, che hanno intrapreso questa attività dandole il nome I 3 Commessi. Erano tre amici che hanno intrapreso insieme questa avventura. Dopo pochissimo tempo, il lavoro non era sufficiente per tutti e tre, sono rimasti in due, mio padre, Marjolet Renzo e Napoli Giuseppe, che hanno portato avanti l'attività fino al 1973 quando mio padre morì per un incidente stradale; a quel punto subentrò mia madre e dopo alcuni anni abbiamo rilevato la parte di Napoli che aveva dei problemi di salute e dal 1984 ad oggi la ditta è completamente in mano alla nostra famiglia cioè a me e a mio figlio, Marjolet Matteo, oltre a mia sorella e a mia mamma che adesso, avendo una certa età, non è più con noi in negozio ad aiutarci. L'anno scorso a novembre 2018 abbiamo festeggiato i 60anni di attività.

Siete longevi in quanto attività  commerciale... 
Visto il contesto attuale è sempre più difficile riuscire a mantenere un'attività in piedi...

Come sopravvive un negozio di abbigliamento sulla piazza di Aosta in tempi come gli attuali? Quali sono le strategie?
Il momento è difficilissimo per tutti. Il commercio come è stato concepito fino ad adesso sta terminando. Noi abbiamo una conduzione famigliare ma ci muoviamo molto. Andiamo a cercare nuove aziende, nuovi stimoli. Ci facciamo aiutare anche da nuove procedure di marketing, cercando di fidelizzare i clienti, anche perché ormai l'unica nostra arma che abbiamo è il contatto umano con il cliente. Questo è quello che possiamo dare alla nostra clientela e fino ad ora ha pagato.

A proposito di difficoltà: l’idea di far pagare una sorta di caparra a chi prova abiti e scarpe? Cosa ne pensa?
Purtroppo non è l'atteggiamento corretto. Anche se capisco che noi commercianti arriviamo ad adottare queste tipologie di situazioni perché dà fastidio che il nostro lavoro non è apprezzato, ma non è questo il modo di affrontarlo anche perché rischiamo di perdere altra clientela, invece dobbiamo, come ho già detto, fidelizzare il cliente, cercare di creare un rapporto umano. E' il cliente che deve cercare noi. E' questa la differenza secondo me.

Dal suo osservatorio cosa può dire sul settore dell’abbigliamento in Valle?
La nostra concorrenza spietata è la grande distribuzione, internet, e noi lì siamo indifesi. E' sotto gli occhi di tutti la chiusura di tantissimi negozi. Occorre avere molta professionalità e fare molta attenzione alla gestione amministrativa e a tutto ciò che comporta un negozio.

Lei gira molto fuori Valle: va a caccia di nuovi trend, immagino anche possibili nuovi fornitori...
In questo momento il commerciante del mio settore non può fermarsi, stare nella bottega come si diceva una volta. Deve muoversi, cercare nuove aziende, soprattutto nuovi contatti in quanto la conoscenza delle problematiche comuni a tutti i commercianti dello stesso settore fa sì che uno possa
crescere. Spesso l'errore o la particolarità di un negozio ti può far aprire gli occhi su questioni che rimanendo sempre all'interno della tua attività non vedi. Questo ci ha davvero aiutato tantissimo.

Un po' tutto il territorio italiano è di stimolo immagino...
Assolutamente, anche se il nostro raggio di azione chiaramente è limitato al Nord Italia. Muoversi,
informarsi, scambiarsi opinioni, comunicare con quelli che un tempo chiamavamo concorrenti
mentre invece sono nostri colleghi di lavoro aiuta moltissimo a crescere nella propria azienda.

La rete di Confcommercio è molto utile....
L'Unione fa la forza. Una volta purtroppo il commerciante era abituato a pensare al proprio piccolo orticello, adesso è il caso di guardarci più intorno. Non è facile, ma è necessario se vogliamo proseguire nella nostra attività.

Siete specializzati in abiti da sposo...Come è operare in questo settore?
Siamo stati spinti a specializzarci nell'abito da cerimonia in quanto noi dobbiamo dare un servizio ai
clienti, un rapporto umano e questo è un prodotto legato ad una festa e le famiglie vengono a comprarlo da noi instaurando un buon rapporto sia economico che umano. Il nostro settore ormai non può più essere limitato alla vendita della camicia, del pantalone, occorre trovarsi delle nicchie. E il settore della cerimonia è importantissimo per noi.

Novità per il 2019?
Già da un paio d'anni la ricerca di vestibilità un po' più asciutte, la ricercatezza soprattutto nella vestibilità, slimed extraslim, anche la cura dell'uomo si è fatta più sentire. Quest'anno poi continuiamo a seguire con attenzione il periodo degli sposi che inizia da febbraio e abbiamo  intenzione di creare all'interno del negozio un reparto per le taglie un po' più grandi che apriremo per la fine dell'anno.

Ci sono dei saloni particolari per l'abito da sposa?
Tantissimi. L'appuntamento più importante comunque per l'intero settore rimane Pitti a Firenze, noi ci siamo stati a gennaio e poi c'è la seconda parte a giugno per la primaveraestate. Inoltre visto che lavoriamo per molte aziende estere andiamo sia a vedere il salone dello sposo a Milano che da un paio di stagioni anche in quello di Dussenldorf, in quest'ultimo andiamo per vedere interpretazioni nuove del matrimonio in quanto in Europa non tutti hanno il concetto dello sposo come in Italia ma è un po' più naturale, un po' meno formale.

Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Più che un sogno vorrei la tranquillità, cioè che la mia famiglia possa continuare a poter vivere grazie
a questa attività in cui noi crediamo tantissimo, soprattutto ora che mio figlio è entrato in azienda. Spero che questa storia possa andare avanti ancora tanti anni.

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