«Le parole sono buone, ora vedremo i fatti». E’ stato questo il commento di molti industriali, ieri mattina, nella sala Cogne della la Pépinière d'Entreprises di Aosta, dopo l’intervento, breve, del neoletto presidente della Giunta Augusto Rollandin (preceduto dall’esordiente Assessore alle Attività Produttive Ennio Pastoret) che ha annunciato l’intenzione di mettere mano alla macchina, un po’ ingolfata, della pubblica amministrazione affinché l’interpretazione delle norme torni ad essere appannaggio «del legislatore e non del burocrate». Un Rollandin che ha pure sottolineato di essere venuto per «ascoltare». E il padrone di casa, il Presidente di Confindustria Valle d’Aosta Giuseppe Bordon, non ha di certo mancato di accontentarlo. Bordon nella sua relazione, dopo il consueto quadro macroeconomico sia internazionale che nazionale, è partito dalla fotografia dell’economia valdostana citando le indagini trimestrali previsionali, realizzate dal direttore Edda Crosa, e le ricerche di Unioncamere e di Banca d’Italia (il direttore Giuseppe Manitta era in sala ed è stato pubblicamente ringraziato dal Presidente Bordon). Argomenti che abbiamo già trattato ampiamente in altri post del blog e su cui soprassediamo e che, lentamente, hanno portato Bordon ad ingranare la quinta e così ha preso corpo quello che potremmo definire un piccolo «manifesto» di cosa si aspettano gli industriali dalla nuova Giunta regionale. Vi propongo in due puntate (oggi e domani) alcuni stralci del suo intervento. Quelli secondo me più interessanti
«Nel 2004 avevamo presentato al Governo regionale alcune priorità di interventi per il sostegno ed il rilancio competitivo del nostro settore (energia, appalti, aree industriali, fondo di garanzia, legge regionale n. 6/2003, semplificazione normativa e burocratica, indotto e Finaosta). Oggi chiediamo nuovamente, con forza, l’attenzione sul comparto industriale ed un deciso impegno dell’Amministrazione regionale per la creazione di un contesto adeguato e favorevole per evitare che vi sia un’ulteriore perdita di competitività del nostro territorio, con la consapevolezza che se non vengono sostenuti i suoi protagonisti, ci sarà un impoverimento di tutta l’economia valdostana».
L’analisi si è fatta ancora più incalzante quando Bordon si è soffermato sui conti pubblici regionali.
«La stabilità dei conti pubblici è fondamentale. Va cambiata la mentalità e il modo di lavorare, non possiamo avere ogni anno avanzi di gestione così consistenti, né possiamo pensare di averli ancora per molti anni, bisognerebbe anzi capire se ciò è dovuto a calcoli ragionieristici o all’incapacità di spesa. In più occasioni la stessa Regione ha manifestato preoccupazione per un bilancio che è sempre più ingessato, dove diventa difficile liberare risorse per lo sviluppo perché la maggior parte delle entrate sono destinate a coprire le spese di funzionamento. Abbiamo realizzato uno studio di riclassificazione ed analisi dei bilanci consuntivi della Regione, a partire dal 1990, adottando dei criteri di suddivisione delle spese per centri di costo indipendentemente dal settore di provenienza o destinazione.
Abbiamo, per esempio, accorpato tutte le spese che rappresentano il funzionamento della Pubblica Amministrazione, la domanda per lavori, forniture e servizi, dove la Regione o gli altri enti pubblici sono i committenti. Allo stesso modo abbiamo sezionato i capitoli destinati allo sviluppo economico, in modo da avere esclusivamente i capitoli relativi a contributi erogati a vario titolo alle imprese, a loro consorzi o associazioni. Si tratta di uno studio interno, i criteri che noi abbiamo assunto possono essere opinabili per altri e non intendiamo farne oggetto di dibattiti pubblici, ma vorremmo confrontare il nostro metodo con la Regione, vedere se può essere condiviso, se può essere in qualche modo utile per capire la dinamica delle spese. La spesa per gli enti locali, per esempio, dal 1990, si è quasi quintuplicata e quella sanitaria corrente triplicata, la quota di spesa regionale destinata alla “domanda pubblica” si è ridotta nel tempo, passando dal 40% nel 1990, al 27% nel 2005 (400 milioni di euro circa) e la componente lavori è la parte preponderante (80%). I trasferimenti al settore industriale restano stabili al 5%, artigianato e commercio passano dal 3 al 9%. Dal 1990 al 2005 la Regione ha trasferito al sistema locale qualcosa come 1.800 milioni di euro, il 10,5% del totale della spesa sostenuta nel periodo. Il 36% ha riguardato l’agricoltura, il 28% il comparto turistico, poco più del 6% è andato alle PMI artigiane e commerciali e poco meno del 6% al settore industriale. La spesa per le famiglie nello stesso periodo è cresciuta di tre volte e mezzo. Le politiche sociali, per le fasce deboli, per la famiglia, per il diritto allo studio e alla promozione sociale in genere rappresentano stabilmente il 3% della spesa regionale complessiva. Se confrontiamo l’andamento delle spese destinate ai vari settori produttivi e il relativo Pil, rileviamo che le risorse destinate all’agricoltura sono mediamente pari al 90% del Pil del settore, all’industria e all’artigianato spetta il 3-4% del valore aggiunto da loro prodotto, alle imprese di servizi è andato poco meno del 5% e quote analoghe si registrano per commercio e alberghi. Il valore aggiunto del settore delle costruzioni ammonta al 50% della domanda “lavori” regionale».
Bordon ha poi affrontato una serie di punti dove ha evidenziato alcune richieste in merito al mondo dell’impresa, guardando anche al di fuori dei confini industriali. Li riporto rispettando i titoletti della relazione. Fate conto che da qui in poi si tratti di un unico virgolettato che prosegue anche domani.
Riduzione delle imposte
Il Governo nazionale ha deciso di abolire l'ICI per la prima casa per portare un sollievo immediato per le tasche dei contribuenti. Chiediamo al nuovo Governo regionale di ridurre l'Irap di almeno un punto per tutte le imprese, in attesa che venga abolita definitivamente una imposta che è odiosa perché tassa il lavoro e il capitale investito, anche se non c’è reddito d’impresa.
Sicurezza sul lavoro
Ci vuole una nuova attitudine alla prevenzione dei rischi da parte delle istituzioni, lavoratori e imprese. Per questo chiediamo un maggiore dialogo costruttivo con gli organi preposti alla vigilanza e il varo di misure straordinarie per sostenere l'informazione e la formazione di lavoratori e imprese. (Continua)
Il crinale fra protesta e democrazia
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