Come sempre ospito i miei fondi del Corriere sul blog anche se non sono di materia economica. Il contesto domenicale mi sembra però quello ideale per suggerire riflessioni come questa. Sono anche particolarmente contento del fatto che si tratta del mio cinquecentesimo post.
«Cinquant’anni fa la mortalità infantile mondiale era stimata a 20 milioni ogni anno. Grazie a Dio oggi i numeri sono considerevolmente più bassi. Infatti si parla di 9,7 milioni di infanti morti per anno. Benché siano stati fatti evidenti progressi, siamo ancora lontani dal traguardo, basti pensare che ogni anno 4 milioni di neonati muoiono entro i primi 26 giorni della loro vita». Sono parole del Card. Javier Lozano Barragan presentando la XXIII Conferenza internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la pastorale della salute da lui presieduto, sul tema «La pastorale nella cura dei bambini malati», che si svolgerà dal 13 al 15 novembre in Vaticano (l'articolo è stato pubblicato giovedì ndr). Alla Conferenza parteciperanno 625 specialisti tra medici, studiosi, ricercatori, bioeticisti, teologi, sociologi, pastoralisti, provenienti da decine di Paesi, con 41 relatori internazionali. Barragan ha ricordato che «nell’ultimo decennio 2 milioni di bambini sono stati uccisi nel corso di conflitti armati, 6 milioni sono rimasti invalidi, decine di migliaia sono stati mutilati dalle mine anti-uomo, mentre di recente sono stati reclutati 300 mila bambini soldato».
Un dato quest’ultimo che dovrebbe far riflettere soprattutto i governi dei paesi più ricchi che da un lato sono molto titubanti in materia di aiuti internazionali, mentre allo stesso tempo favoriscono il commercio di armi con nazioni che antepongono il primato bellico al benessere del proprio popolo. I numeri sin qui citati sono impressionanti e dimostrano come la povertà resti comunque la causa principale delle malattie dell’infanzia. Un miliardo e 200 milioni di persone vivono con meno di un dollaro al giorno. Perfino nei paesi più ricchi un bambino su sei vive sotto il livello di povertà. Ma c’è povertà e povertà. Da un lato nei paesi poveri la fame e la sete: il 30% dei bambini con meno di 5 anni soffrono la fame o sono mal nutriti, mentre il 50% di tutta la popolazione dell’Africa sub-sahariana non ha accesso all’acqua potabile. Dall’altro, nei paesi cosiddetti più sviluppati, la povertà di relazioni, di affetti. «Molti bambini e adolescenti - ha detto il Card. Barragan - sono abbandonati a se stessi e ai loro istinti davanti a tv, internet dove navigano senza alcun tipo di guida morale. Commercio sessuale, pedofilia, violenza nelle scuole, crimini, bande organizzate sono fenomeni sempre più in espansione».
Insomma due mondi che si guardano allo specchio e scoprono le reciproche debolezze. Siamo chiamati a cercare di dare il nostro contributo: da un lato con una maggiore vicinanza ai nostri figli dall’altra insegnando loro che ci sono dei bambini, dei ragazzi come loro che hanno bisogno di aiuto. Forse nel creare relazioni (penso alle tante formule di adozione a distanza) esiste una salvezza dalla povertà (morale o materiale che sia) per entrambi. (Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 13 novembre 2008)
Il crinale fra protesta e democrazia
10 mesi fa
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