Ieri, martedì 26 ottobre, presso il Magazzino della Caritas di Aosta, è stato presentato, in contemporanea con la sede nazionale di Roma e altri sedi italiane, il «Dossier Statistico sull’Immigrazione 2010» di Caritas Italiana/Migrantes. Il primo Rapporto sull’immigrazione venne pubblicato nel 1991 e l’edizione 2010, vent’anni dopo, rappresenta una ricorrenza speciale riassumibile con il motto: «Dossier 1991 – 2010: per una cultura dell’Altro». Il Dossier è stato presentato dal prof. William Bonapace, autore di alcuni capitoli del testo (insieme a Monica Monteu Giolitto) con un intervento del giornalista, scrittore ed educatore Karim Metref. A dare il saluto alla platea il direttore della Caritas don Aldo Armellin che ha dato subito la parola a Mons. Giuseppe Anfossi che ha sottolineato come uno dei grandi insegnamenti della sociologia consista nel fatto che mentalità e cultura sono fondamentali nell’approccio al tema dell’immigrazione e il Vescovo ha poi commentato come invece «la politica che si fa in Italia di accoglienza delle persone che arrivano da fuori del territorio nazionale sia troppo poco attenta alla cultura di queste popolazioni».
Riporto qui di seguito il paragrafo sull'occupazione straniera in Valle d'Aosta. Potrai leggere il testo, quasi integrale, del rapporto sul Corriere della Valle che sarà in edicola venerdì.
Riporto qui di seguito il paragrafo sull'occupazione straniera in Valle d'Aosta. Potrai leggere il testo, quasi integrale, del rapporto sul Corriere della Valle che sarà in edicola venerdì.
L'occupazione straniera
I lavoratori nati all'estero occupati in Valle d'Aosta sono 6.875, il 13,4% dei 51.289 lavoratori occupati complessivi, con una crescita superiore al 120% rispetto al 2000, quando erano 3.017, e del 3,3% rispetto all'anno precedente. Sottraendo alla prima cifra i francesi, gli svizzeri e gli altri immigrati dall'UE a 15, così come gli statunitensi, gli occupati provenienti da paesi a forte pressione migratoria risultano essere 5.796, l'11,3% di tutti gli occupati locali.
Le donne incidono per il 43,8% sugli immigrati occupati e rappresentano il 47,7% delle nuove assunzioni di cittadini nati all'estero. Il loro saldo occupazionale (differenza tra assunti e cessati) è però negativo (-61) come lo è per gli uomini (-99). L'età dei lavoratori di origine straniera è in genere bassa: quasi il 50% non raggiunge i 35 anni, anche se aumentano gli occupati ultra40enni (36,3%).
La principale collettività, tra i lavoratori immigrati, è la romena (1.671 occupati), a cui segue la marocchina (1.224): queste due collettività costituiscono da sole il 50% circa di tutti gli occupati nati all'estero, esclusi gli UE a 15 e gli USA; seguono gli albanesi (555), i tunisini (264) e i polacchi (246). I latino-americani sono 663 (11,4% degli occupati provenienti da paesi a forte pressione migratoria) e gli asiatici 293, di cui 122 cinesi e 35 filippini. Il principale settore di impiego degli immigrati sono i servizi, con 4.287 lavoratori; seguono l'industria con 1.961 e l'agricoltura con 580.
Ma le diverse collettività non si distribuiscono nei settori in modo omogeneo, segno di una significativa segmentazione nazionale delle professioni. Infatti se i lavoratori romeni si collocano per il 56% nei servizi, tra gli albanesi tale quota scende al 44% per lasciare spazio all'industria (42,3%), mentre i marocchini, particolarmente presenti nel commercio, hanno una percentuale nei servizi del 52%, a cui si affianca un 17,2% in agricoltura. Anche i cinesi risultano in buona parte occupati nei servizi (63%) e il rimanente nell'industria, mancando del tutto in agricoltura. Gli indiani, al contrario, sono per il 67,3% concentrati nell'industria e nel settore primario. Ancora più rilevante è la quota dei latino-americani nei servizi (79,3%), per la forte presenza di lavoratrici impiegate nella cura alla persona, come pure degli africani subsahariani (percentuale analoga). Una situazione che in assenza di dovuti "correttori" potrebbe portare, nel tempo, ad una difficoltà nei processi di mobilità sociale e a una etnicizzazione del mercato.
Un'ultima considerazione meritano le rimesse: nel corso del 2009 sono stati inviati ben 8.249.000 euro da parte dei cittadini stranieri verso i loro paesi di provenienza, per un aumento annuo di 277.000 euro. In nove anni, a partire dal 2000, dalla Valle d'Aosta sono stati inviati 38.100.000 euro, un contributo fondamentale di aiuto a chi è rimasto e un segnale di attenzione e responsabilità da parte di chi è partito. Le cifre maggiori provengono dalle collettività più numerose: in primo luogo dalla romena che ha inviato, nell'ultimo anno, 1.888.000 euro, seguita dalla marocchina (1.454.000 euro). Particolarmente significativo è anche il contributo dei latino-americani (2.092.000 euro) tra cui spiccano i dominicani (996.000 euro).
La principale collettività, tra i lavoratori immigrati, è la romena (1.671 occupati), a cui segue la marocchina (1.224): queste due collettività costituiscono da sole il 50% circa di tutti gli occupati nati all'estero, esclusi gli UE a 15 e gli USA; seguono gli albanesi (555), i tunisini (264) e i polacchi (246). I latino-americani sono 663 (11,4% degli occupati provenienti da paesi a forte pressione migratoria) e gli asiatici 293, di cui 122 cinesi e 35 filippini. Il principale settore di impiego degli immigrati sono i servizi, con 4.287 lavoratori; seguono l'industria con 1.961 e l'agricoltura con 580.
Ma le diverse collettività non si distribuiscono nei settori in modo omogeneo, segno di una significativa segmentazione nazionale delle professioni. Infatti se i lavoratori romeni si collocano per il 56% nei servizi, tra gli albanesi tale quota scende al 44% per lasciare spazio all'industria (42,3%), mentre i marocchini, particolarmente presenti nel commercio, hanno una percentuale nei servizi del 52%, a cui si affianca un 17,2% in agricoltura. Anche i cinesi risultano in buona parte occupati nei servizi (63%) e il rimanente nell'industria, mancando del tutto in agricoltura. Gli indiani, al contrario, sono per il 67,3% concentrati nell'industria e nel settore primario. Ancora più rilevante è la quota dei latino-americani nei servizi (79,3%), per la forte presenza di lavoratrici impiegate nella cura alla persona, come pure degli africani subsahariani (percentuale analoga). Una situazione che in assenza di dovuti "correttori" potrebbe portare, nel tempo, ad una difficoltà nei processi di mobilità sociale e a una etnicizzazione del mercato.
Un'ultima considerazione meritano le rimesse: nel corso del 2009 sono stati inviati ben 8.249.000 euro da parte dei cittadini stranieri verso i loro paesi di provenienza, per un aumento annuo di 277.000 euro. In nove anni, a partire dal 2000, dalla Valle d'Aosta sono stati inviati 38.100.000 euro, un contributo fondamentale di aiuto a chi è rimasto e un segnale di attenzione e responsabilità da parte di chi è partito. Le cifre maggiori provengono dalle collettività più numerose: in primo luogo dalla romena che ha inviato, nell'ultimo anno, 1.888.000 euro, seguita dalla marocchina (1.454.000 euro). Particolarmente significativo è anche il contributo dei latino-americani (2.092.000 euro) tra cui spiccano i dominicani (996.000 euro).
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