22 ottobre 2012

Hervé Deguillame (La Vrille): da marinaio a viticoltore


Nei giorni scorsi a Radio Proposta in Blu ho intervistato Hervé Deguillame, viticultore e titolare con la moglie dell’agriturismo La Vrille che ci tengo a segnalarlo è stato indicato dai visitatori di ImpresaVda come il miglior agriturismo valdostano del 2012. E in settimana provvederò alla consegna del premio. Riporto la versione testo come proposta la scorsa settimana sul Corriere della Valle. 
Deguillame sul fronte della viticoltura lei hai centrato un obiettivo molto importante. La guida del Gambero Rosso ha indicato il suo Muscat come il miglior passito d’Italia. Una bella responsabilità…
Una bella responsabilità e soprattutto un po’ inaspettata. Se si pensa che in Italia ci sono regioni come quelle del Sud che sono delle maestre del passito arrivare ad avere un simile riconoscimento in Valle d’Aosta è un bel risultato per tutti.
Tradizione famigliare, esperienze personali o studi: come nasce il Deguillame viticultore?
Io sono viticoltore per caso. Prima facevo il marinaio. I miei quattro nonni sono valdostani io però sono nato in Francia. Ho prestato servizio nella marina militare francese e tornato in Valle negli anni ’90 avevo bisogno per trovarmi veramente a casa mia di lavorare la terra.  Abbiamo recuperato 2000 metri di terreno incolto e ora siamo arrivati ad un ettaro e mezzo. All’inizio conferivo soltanto alla Crotta poi ho avuto l’opportunità di fare il cantiniere per sei anni in cooperativa e lentamente mi sono messo in proprio.
Ma La Vrille è anche un agriturismo…
Noi abbiamo i nostri animali. Non mucche o maiali ma i piccoli animali da cortile, cioè anatre, oche, faraone, polli e anche delle pecore, oltre ai nostri orti e campi. Tutto quello che serviamo nei piatti è prodotto dai noi.
E poi avete i vini. Quali vini producete e in quali quantità?
In totale circa 10mila bottiglia con sei tipologie differenti. Il moscato secco di Chambave, il passito già citato, poi il Chambave che come richiesto da disciplinare prevede un 70% di petit rouge e il restante 30% di un vitigno autorizzato e nel nostro caso abbiamo piantato Vuillermin, poi abbiamo il Cornalin, altro vitigno autoctono, al 100%, il Fumin lavorato in fusti di rovere da 500 litri per 12 mesi, e, infine, il Gamay, vitigno del Beaujolais, linea comprata già piantata, un fazzoletto di terra perché sono soltanto 100 metri quadri. Non facciamo neanche 500 litri di vino.
Un lavoro di cui ti occupi quasi in solitaria?
In cantina faccio tutto io. In vigna mi occupo di tutti i lavori più importanti: dalla potatura secca a quella verde, ai trattamenti. Poi per sfogliatura o cimatura, attività che non richiedono grandi conoscenze, ho alcune persone che mi aiutano.
Una grande attenzione alla qualità…
Sì. Perché comunque ognuno ha il suo metodo di lavorare. Se il lavoro non è fatto bene ma me ne occupo in prima persona sono in grado di capire meglio dove ritoccare per provare a fare meglio.
Agriturismo e cantina: un’abbinata vincente?
Assolutamente sì. Chi viene da noi sa che dal primo piatto fino al vino sono tutti nostri prodotti. Inoltre mia moglie Luciana fa dei menu tradizionali rivisitati con un grande uso di ortaggi come si faceva una volta e tiene conto del possibile abbinamento con il vino. Così noi possiamo spiegare al cliente che cosa è meglio. Sappiamo così dire tutto sul piatto e tutto sul vino.
Dal punto di vista turistico siete un bel richiamo
Abbiamo clienti dal Giappone, dalla Germania che sono ormai venuti più volte e che apprezzano prima di tutto il fatto che il menu cambia con una buona frequenza in base a quello che abbiamo nell’orto.
Un sogno imprenditoriale da realizzare…
Direi che siamo già contenti di quello che abbiamo fatto. Il sogno è quello di non mollare, di riuscire a portare ancora avanti questa attività. La burocrazia talvolta mette davvero a dura prova la passione che uno ha nel fare il suo lavoro bene.

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