Nei giorni scorsi è stato reso noto il Rapporto 2013 sull’Apertura Internazionale delle regioni italiane, giunto alla sua seconda edizione, e frutto della collaborazione tra il Servizio Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo e SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno.
Nel Rapporto sono presentati una serie di indici che misurano il grado di internazionalizzazione delle regioni italiane.
Si considerano complessivamente dieci indicatori, “pesati” e calcolati a partire dal 2006, per ciascuna delle 20 regioni italiane e raggruppati in tre indici:
1) internazionalizzazione economica,
2) internazionalizzazione sociale,
3) internazionalizzazione infrastrutturale.
L’indice economico è la sintesi di quattro indicatori e misura dinamiche quali la propensione a esportare, a importare e gli investimenti diretti esteri, ma anche altre informazioni economiche, come la distanza dei mercati di sbocco e l’importanza dei nuovi mercati a più alto potenziale, che fanno luce sulla crescente complessità delle relazioni commerciali, nonché sulla capacità di attivare relazioni con mete distanti e ad alto potenziale.
L’indice sociale è composto da quattro indicatori che misurano la presenza di stranieri che abitano, studiano (nelle Università) o lavorano nel territorio o che lo visitano in veste di turisti.
L’indice infrastrutturale, infine, è correlato alla presenza in una regione di infrastrutture che facilitano o supportano la loro apertura commerciale e sociale (porti, aeroporti e valichi di frontiera).
Questi tre indici vanno poi a comporre un
“Super Indice Internazionalizzazione (GEN)” che misura il grado di apertura internazionale complessiva che i vari sistemi economici regionali hanno verso l’estero, e l’evoluzione di questo indicatore tra il 2006 e il 2012. Il Rapporto elabora, inoltre, una graduatoria regionale individuando così la posizione relativa di ciascuna regione italiana.
Analizzando il ranking regionale, il dualismo Nord-Sud resta evidente con il Nord Ovest che tende a primeggiare, con in testa Lombardia (132) e Piemonte (127) che distanziano nettamente tutte le altre regioni italiane. Queste due regioni si distinguono soprattutto per i livelli di eccellenza raggiunti in termini di internazionalizzazione economica.
Seguono a distanza le quattro regioni del Nord-Est, nell’ordine Veneto (115), Emilia Romagna (114), FriuliVenezia Giulia (111) e Trentino Alto Adige (107), che spiccano soprattutto per l’alto grado di internazionalizzazione sociale. Chiudono l’elenco delle aree al di sopra della media italiana due regioni del Centro, Toscana e Lazio (entrambe a 105), molto vicine al Trentino-Alto Adige, grazie a buoni livelli di internazionalizzazione sociale. Seguono Liguria (97), Marche (96) e Umbria (94) che, nonostante una buona internazionalizzazione sociale, si collocano poco al di sotto della media italiana, penalizzate da un grado di internazionalizzazione economica contenuto.
Il gap purtroppo si allarga per la Valle d’Aosta (74) e Abruzzo (71) e diventa enorme per le altre regioni del
Mezzogiorno (dai 60 della Campania ai 38 della Basilicata). Per il Rapporto pesa il forte ritardo accusato in tutti e tre i sottostanti indici di internazionalizzazione sociale, economica e infrastrutturale.
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