Riccardo Monzeglio (Cisl) |
Il tema del lavoro è sicuramente una delle grandi priorità del 2014. Dal
vostro osservatorio come è il quadro nazionale e quello locale?
Deve essere per forza uno dei temi
centrali di tutte le politiche sia a livello nazionale che regionale. A livello
nazionale abbiamo avuto due o tre interventi che sono stati devastanti e mi
riferisco a quanto fatto dal Ministro Elsa Fornero. Un primo intervento
rispetto al mondo delle pensioni che è vero ha allungato la vita lavorativa
allungando così la contribuzione e le risorse versate alle casse, ma è
altrettanto vero che ha lasciato sempre fuori i giovani che a queste condizioni
non possono rientrare o avere un riciclo. Il secondo è stata la riforma sul
lavoro precario o semi-precario che ha cercato in qualche maniera di
istituzionalizzare e che non sta funzionando per niente. E' più di un anno che
l'abbiamo messa in piedi. Ora partiranno queste nuove forme di contribuzione,
cioè non più la disoccupazione, ma pur avendo cambiato nome e requisiti a me
pare che stia diventando un elemento disgregante piuttosto che aggregante in
quanto queste Aspi e miniaspi (vedi box) possono essere prese per un anno
dopodiché, scaduti i termini, finiscono l erisorse se non hai trovato lavoro.
Cosa che di questi tempi è davvero difficile.
Altri cambiamenti?
La riforma degli ammortizzatori
sociali. Noi ne abbiamo una serie che fanno fronte ai periodi di crisi delle aziende. E qui sono
stati fatti dei tagli drastici. A partire dalla cassaintegrazione in deroga
riferita essenzialmente alla mancanza di commesse oppure a eventi calamitosi,
naturali. L'inverno per l'edilizia ad esempio.
Ipotesi per provare a cambiare lo scenario? Penso all'indennità di
cittadinanza, al nuovo contratto proposto da Renzi. Quali sono le vostre idee
in merito?
Noi abbiamo sempre pensato di dare
risorse a chi lavorava e a chi perdeva il lavoro. L'indennità potrebbe essere
un'idea ma non deve essere qualcosa di strutturale. Eviterei perciò il reddito
di cittadinanza. Poi è vero che il periodo è molto brutto ed è difficilissimo
trovare lavoro, ma è altrettanto vero che deve essere accettato il lavoro che
viene offerto in questo periodo e in questi tempi. Non si può fare molto i
difficili. E questa è una realtà che va contrastata. Abbiamo moltissime persone
iscritte al collocamento, ma di questi soltanto il 50% dà immediata
disponibilità al lavoro. Si tratta di 8-9000 persone in Valle dei quali
soltanto circa 5000 sono disponibili ad essere avviati immediatamente e gli
altri no.
All'estero gli uffici di collocamento sono molto più efficaci.
Intermediano molto di più...
Non è così corretto. Dipende molto
dalla organizzazione dei servizi. In Italia questi servizi da almeno
sessant'anni dovrebbero essere riformati e non è mai stato fatto nulla. Tant'è
che sono nate molte agenzie private in surroga in quanto l'apparato statale non
è in grado di dare risposte di questo genere. Tanto per essere precisi a
livello valdostano è da una decina di anni che questi servizi sono stati regionalizzati,
ma facendo le stesse funzioni di quando erano statali. Avendo competenza
primaria si potevano e si possono farli lavorare decisamente meglio. Dando loro
altri mezzi, altri strumenti e dando loro l'opportunità di andare incontro
all'offerta di domanda di lavoro anche in questo periodo difficile.
Ma quali sono i problemi?
Più velocità, meno burocrazia e
maggior facilità d'incontro tra domanda e offerta. Purtroppo molte strutture
private non si rivolgono più ai collocamenti. E' altrettanto vero che qui si è
iniziato a far firmare un contratto di
servizio fra le parti, cioè fra disoccupato e collocamento. Il
lavoratore dice che cosa è in grado di fare e promette che non appena viene
fatta una proposta di lavoro aderente al suo curriculum di sentirsi obbligato
ad accettare l'offerta. Poi c'è un altro problema in Valle da non sottovalutare
ed è quello dei trasporti. Se pensate che un lavoratore debba partire da Aosta
e andare a lavorare a Fontainemore o a Courmayeur con dei mezzi pubblici questo
non torna più a casa se si guardano gli orari. Mancano i servizi fondamentali.
E recentemente hanno subito pure dei tagli. Bisogna allora muoversi con il
mezzo proprio che però non viene riconosciuto come spesa e di qui un ulteriore
aggravio per il lavoratore. Ci sarebbe molto da discutere anche sui salari di
ingresso che vengono riconosciuti. Sono molto, molto bassi. Noi non siamo
entusiasti delle varie proposte fatte di contratto unico, di inserimento, con
l'appiattimento generalizzato degli stipendi. Se però c'è da cercare di far
andare avanti la trattativa è chiaro che firmeremo. Noi siamo per il rispetto
dei contratti nazionali in vigore. Uno di primo livello nazionale, e dei
contratti di secondo regionale. Noi riteniamo che questa forma contrattuale sia
ancora tuttora valida e non possa essere
sorpassata da questi contratti in cui per tre anni il datore di lavoro
sostanzialmente può fare quasi tutto quello che vuole nei confronti del
lavoratore e poi acquisire lo status di assunzione a tempo determinato. Se saremo obbligati
firmeremo, ma non è che ci aggrada molto come proposta fatta dal Governo.
Questo significa ridurre le capacità di contrattazione da parte dei lavoratori.
Leggasi Legge di stabilità...
Effettivamente. Questa legge che
sembra sia stata fatta in funzione dell'Europa, che non poteva essere né
discussa né rivista, tanto da avere già fissato i saldi di spesa delle varie voci, in realtà a
fine anno con il decreto legge
milleproroghe è stata approvata e vi hanno inserito di tutto o di più
tanto da far intervenire i Presidente della Repubblica che ha manifestato la
sua intenzione di non firmare il provvedimento.
Riforma di Camera e Senato. Che cosa ne pensate?
La riforma degli organi
costituzionali va rifatta in qualche modo. Sulla formula non abbiamo
particolari preferenze. Ma prima di fare questo è importante intervenire sul
fatto che a livello istituzionale si
spende troppo. Abbiamo troppi livelli istituzionali ai quali fare riferimento:
lLo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, senza contare che qui si deve
dare delle risposte alle Comunità montane anche di tipo economico. Troppi
livelli istituzionali. Tutto questo deve necessariamente costare di meno.
Formule possibili?
Diciamo che un doppione delle due
Camere non ha molto senso.
Esistono dei problemi più specifici
a livello regionale?
Stiamo vivendo in questo momento una
fase con meno risorse, ma non è soltanto da quest'anno che c'è questa
riduzione. Forse con un po' di preveggenza si poteva intuire che le risorse sarebbero più
scese che risalite. C'è da dire che noi abbiamo apprezzato il raggiungimento
dell'accordo con Roma. Non ci piace che questo non sia rispettato come
qualunque accordo. Detto ciò in ambito regionale, a nostro avviso, risorse ce
ne sono e ce ne sono ancora tante. Il problema è come sono spese e quali sono
le priorità che questo Governo regionale deve avere. Come organizzazioni
sindacali abbiamo imposto tre idee: non dovevano esserci dei tagli su sanità,
istruzione e welfare. Sull'istruzione la parola data è stata mantenuta. Sulla
Sanità c'è stato un taglio sensibile di quasi venti milioni di euro e ci è
stato detto che non ricadrà sugli utenti, ma si tratterà di risparmi di spesa.
Il dubbio che abbiamo è che se si poteva risparmiare tutti questi milioni di
euro dove li hanno messi negli anni passati. Sul welfare c'è stato un taglio di
dieci milioni, ma purtroppo l'operazione brutale è stata compiuta sui comuni. E
questo ha creato un ulteriore mancanza di risorse nei confronti della
popolazione. Constatato che non è stato possibile mantenere inalterati questi
pilastri abbiamo fatto una riunione del Patto per lo sviluppo durante la quale
gli Assessori alle Attività Produttive e alle Finanze si sono impegnati con noi
a condividere i vari documenti successivi in applicazione del bilancio, a
partire dalle varie leggi di settore. Noi lo riteniamo un fatto importante per
la società civile valdostana in quanto ci permetterà di monitorare come vengono
impiegate le risorse, come vengono spese. Il problema grosso della Valle è
purtroppo quello di non riuscire a produrre lavoro. Abbiamo l'industria pesante
che è in crisi e là dove non è in crisi si sopravvive. Quando parlo di crisi
intendo cassaintegrazione in deroga in continuo aumento quando non si arriva
alla mobilità. C'è poi il settore dell'artigianato dove le piccole imprese
stanno riducendo il loro ritmo di lavoro, talvolta chiudendo, talvolta facendo
fusione, talvolta riorganizzandosi in quanto non ci sono più commesse. Aggiungo
poi la situazione dei forestali. Noi siamo sempre stati contrari al modello
adottato a livello regionale attraverso una gestione ad una società di servizi.
Per noi era meglio che si proseguisse con la gestione diretta da parte
dell'amministrazione regionale come si fa nel resto d'Italia. Infine non
dimentichiamoci della Casa da Gioco che malgrado tutti gli investimenti fatti
non sta più guadagnando quanto guadagnava prima ed ha iniziato una procedura di
mobilità nei confronti del personale. Adesso si è messa una pezza con un
accordo sindacale, ma la criticità non è superata. Va trovato un equilibrio tra
costi e ricavi.
Anche il settore commercio è in difficoltà...
Noi riceviamo ogni giorno decine di
lettere di convocazione per messa in cassaintegrazione da parte di piccole
aziende. Quattro dipendenti, due vengono lasciati a casa a rotazione tanto per
fare un esempio oppure chiudono un giorno intero alla settimana. Sono
situazioni difficilmente gestibili in un quadro globale. Abbiamo ricevuto
addirittura la richiesta di cassaintegrazione per gli operatori del Forte di
Bard distribuita nell'arco dell'anno perché hanno dei periodi morti ai quali
non sanno far fronte.
E allora che fare per il 2014?
In generale riscontriamo che c'è una
situazione complessivamente tragica per la quale non intravediamo molti
spiragli di luce se non si cambia passo. E poi dobbiamo dire di avere grosse
difficoltà a comprendere il quadro politico regionale. Se si ascolta la
maggioranza stanno facendo le migliori scelte possibili. Se si ascolta la
minoranza si sente dire che si deve fare tutto il contrario. Occorre a nostro
modo di vedere un chiarimento, una scelta condivisa tra maggioranza e minoranza
affinché decidano quali sono le priorità per salvare questa Valle d'Aosta, per
salvare il lavoro e il welfare guadagnato sino ad ora con fatica. E se non è
possibile occorre fare delle scelte. L'importante è che a pagare non siano
sempre i lavoratori oppure i più poveri o soltanto chi paga le tasse. Questa è
la nostra linea. Su alcuni temi fondamentali
poi vorremmo organizzare degli incontri invitando maggioranza e
minoranza, amministratori e non. Si tratta di sanità, welfare e lavoro. Per
capire quali sono le scelte che queste formazioni politiche intendono fare per
uscire tutti assieme dalla crisi altrimenti come sindacato per forza torneremo
a scendere in piazza. Dobbiamo fare il punto della situazione per capire dove
sta la realtà.
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