Come promesso riporto l'intervento pronunciato ieri dal Presidente della Camera di Commercio di Aosta Nicola Rosset alla Giornata dell'Economia.
Buongiorno a tutti,
Quello con la Giornata dell’Economia
è un appuntamento ormai tradizionale per il comparto economico valdostano.
Esso rappresenta un’occasione, grazie
anche alla collaborazione tra Camera di Commercio e Università della Valle
d’Aosta, per tirare le somme di quello che è stato l’anno economico appena
concluso e per capire in quale direzione muoversi per il futuro.
Si tratta di un momento di
riflessione e di confronto che abbiamo sempre cercato di caratterizzare attraverso un taglio estremamente
operativo e concreto delle analisi.
E’ questo, a mio avviso, uno dei più
importanti punti di forza del Sistema Camerale. La possibilità e la capacità di
leggere l’evoluzione dei fenomeni attraverso la lente dei sistemi economici
territoriali e dei milioni di piccole e piccolissime imprese che rendono il
nostro Paese unico al mondo.
Dunque, non l’economia della finanza
ma l’economia reale: quella che muove l’Italia e che, come Camere di Commercio,
interpretiamo e abbiamo sempre sostenuto, perché siamo da sempre le istituzioni
dei territori, espressione delle imprese.
Quello che i relatori analizzeranno durante questo pomeriggio
di lavoro è certamente un quadro che testimonia di un periodo di grande
difficoltà, logica conseguenza di anni durissimi che hanno messo a dura prova
la tenuta dell’intero comparto economico.
Come avremo modo di vedere, in Valle
d’Aosta tra il 2008 ed il 2013 il numero di imprese si è contratto del 5,6%
(del 2,5% nell’ultimo anno) con una perdita particolarmente rilevante nel settore
dell’agricoltura (- 609 imprese nell’intero periodo).
Anche i settori delle costruzioni e
del commercio, seppur con numeri più contenuti, hanno registrato variazioni
negative (-132 imprese nelle costruzioni e -112 imprese nel commercio).
Un trend positivo ha invece
caratterizzato le imprese del turismo (alloggio e ristorazione), che sono
cresciute del 5,2% rispetto al 2008.
A preoccupare, però, è soprattutto
l’occupazione.
Dal 2008 abbiamo perso circa 1.600
occupati e le persone in cerca di occupazione sono aumentate notevolmente (dai
1.900 del 2008 ai 5.100 del 2013).
Il tasso di disoccupazione nel 2013
ha superato la quota dell’8% (8,4%) e nel primo trimestre di quest’anno ha
raggiunto il nuovo record del 9,2%.
A farne le spese sono soprattutto i
giovani tra i 15 ed i 24 anni, per i quali la disoccupazione arriva addirittura
al 30,8%.
Si tratta di numeri preoccupanti a
cui si affiancano, nonostante qualche lieve segnale di ripresa, analisi
prospettiche che dicono che per quest’anno ci sarà ancora da soffrire.
Proseguendo la tendenza negativa che
ha caratterizzato il 2013, nei primi mesi del 2014 è prevista una ulteriore
riduzione dell'occupazione.
Il "saldo" occupazionale
atteso in Valle d'Aosta è infatti negativo (pari a circa -220 unità, differenza
tra le 600 "entrate" di lavoratori e le 820 "uscite").
In un contesto così complesso appare
evidente, proprio per permettere alle nostre imprese di tornare a ricoprire
quel ruolo di volano per l’economia che ha storicamente rappresentato la vera forza
del nostro paese, la necessità di un importante processo di riforma del sistema
economico ed imprenditoriale.
Si tratta di un processo che deve
vedere in prima linea il Governo nazionale ma a cui devono prendere parte
attiva tutte le realtà economiche operanti “sul campo”. Credo infatti che alla
base delle riforme non possa che esserci una visione della società e
dell’economia che abbia al centro i territori e le comunità che li rendono
vivi. È proprio da qui che bisogna partire per ragionare di ripresa, di nuovi
modelli di sviluppo, di politica economica.
Modelli di sviluppo che non possono
non tenere conto delle possibilità offerte da nuovi settori, come ad esempio
quello della Green Economy, che proprio per la trasversalità dei possibili
ambiti di intervento potrebbe rappresentare un importante occasione di crescita
per le imprese.
Quella valdostana, è una realtà
imprenditoriale che si caratterizza per volumi produttivi limitati ma per una
grande qualità delle produzioni. Il nostro è un territorio che costituisce un
importante atout turistico e naturalistico ma anche un limite per lo sviluppo e
la gestione delle aziende,
Anche per questo l’imprenditorialità che
ci caratterizza affonda fortemente le radici nella nostra comunità: nel 2012
sono 9.930 le imprese familiari attive con addetti.
Una fetta che rappresenta l’ 85,3 %
del totale delle aziende attive, con una percentuale superiore sia al dato
registrato per il Nord Ovest (82,2%) che del dato medio nazionale (81,9%).
Si tratta di aziende attente al rapporto
con i propri dipendenti. Imprese cui stanno a cuore fornitori e clienti.
Imprese che rinunciano ai potenziali benefici di una delocalizzazione
produttiva in paesi a più bassi costi di produzione per senso di responsabilità
nei confronti dei lavoratori oltre che per il forte radicamento al territorio.
E proprio questa attenzione nei
confronti del territorio porta le imprese familiari ad associarsi alle imprese
cooperative, a quelle sociali e a quelle non profit nel costruire un modello
socioeconomico differente. Un modello nel quale il profitto si coniuga con
l’esigenze sociali della comunità secondo il principio per cui senza il lavoro,
un’impresa non vive, quindi non produce; così come, senza l’impresa, il lavoro
resta inespresso e la società non progredisce.
Le basi su cui lavorare esistono
dunque, ma perché su queste radici possa tornare a crescere la pianta
dell’economia è necessario semplificare e snellire, risparmiare, eliminare
privilegi e lentezze, ma senza per questo lasciare soli e impoverire i
territori. Occorre lavorare accanto alle comunità di imprese, sviluppando un
contesto favorevole a farle crescere e a esaltarne la capacità di trainare la
ripresa economica. Serve salvaguardare e valorizzare gli esempi di buona
amministrazione in cui spesso le imprese stesse hanno trovato, e devono poter
continuare a trovare, persone competenti e istituzioni che lavorano per il bene
comune.
Proprio in quest’ottica credo debba essere intesa, ad esempio, la riforma della pubblica
amministrazione all’interno della quale agisce e opera anche il Sistema
Camerale.
La messa in discussione
dell’esistenza delle Camere di Commercio è, per citare quanto scritto al
Governo da un imprenditore, “fare come il
pilota dell’aereo che, vedendo il velivolo in fiamme, ne getta il motore”.
Certamente esistono sprechi e procedure
da ripensare, ed in questo senso il piano di riordino predisposto da
Unioncamere risponde a criteri di razionalizzazione economica e prevede un
calendario di impegni temporali precisi e tempestivi per molti dei quali la
Chambre Valdôtaine si è dimostrata virtuoso precursore.
E’ però importante ricordare che il
ruolo delle Camere di Commercio non è solo quello di partner economico per le
aziende, ed in questo senso ricordo che la Chambre nel corso dell’ultimo
triennio ha investito più di 6,9 milioni di euro in promozione per le aziende,
ma esse sono anche un fornitore di servizi ed un garante per il mercato, per i
consumatori e per le imprese.
Mettere a rischio questa fondamentale
funzione di controllo e regolazione rischia di rivelarsi estremamente
penalizzante per le imprese così come per l’intera comunità.
Vi ringrazio per l’attenzione e vi
auguro un buon pomeriggio di lavoro.
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