8 febbraio 2016

Riccardo Jacquemod (#Lasorgente): «L'#economiacivile può trovare casa in Valle d'Aosta»

Riccardo Jacquemod 
Intervista a  Riccardo Jacquemod, della Cooperativa La Sorgente.

Dall'inizio di gennaio il servizio per la Famiglia e la Prima Infanzia Farfavola si propone in gestione privata. Come nasce questa decisione?
E' una decisione che abbiamo preso in conseguenza di una serie di situazioni che si sono verificate nel corso del 2015. Va detto che da dieci anni noi gestivamo la Farfavola nei locali che avevamo reperito dalla parrocchia. Li gestivamo per conto del Comune di Aosta. Nel momento in cui il Comune di Aosta ha rinunciato a proseguire nella gestione del servizio ci siamo chiesti come fare per continuare ad offrire i servizi dentro agli spazi che avevamo allestito, anche con investimenti significativi, negli ultimi dieci anni. E l'idea di poter proseguire in termini di attività privata ci è parsa la strada più percorribile. Sarà molto difficile tenere in quadro il bilancio però cominciamo ad avere sufficiente esperienza per poter immaginare una prospettiva non così negativa. Adesso siamo partiti. Abbiamo ottenuto l'autorizzazione proprio sul filo di lana, il 30 dicembre, da parte della Regione. I clienti stanno crescendo. Speriamo in bene.

Preso atto dei problemi legati alle risorse economiche come si può strutturare in una maniera più razionale un nuovo welfare che non sia semplicemente il risultato di tagli? Ovviamente se è possibile…
La prima considerazione è che i servizi del welfare valdostano – fino a qualche anno fa definito munifico, ricco, abbondante – oltre che costi molto elevati presentano probabilmente anche delle spese che si possono razionalizzare. Credo che in parte lo sforzo che si sta intraprendendo in questo periodo sia proprio di razionalizzazione di questa spesa. E' evidente che il welfare, i servizi alla persona non possono rispondere esclusivamente ad una domanda privata in quanto hanno un fortissimo valore del lavoro e sarebbero troppo cari in una offerta privata. Di conseguenza un welfare totalmente privato non può stare in piedi. Però razionalizzando la spesa e con una buona partecipazione dell'utenza privata io sono convinto che cio sia uno spazio per poter mantenere dei livelli di copertura dei servizi adeguati per il nostro contesto.

 Dal tema della famiglia all'immigrazione. Sulla chiusura del Centro immigrati è stata detta davvero la parola fine?
Credo che il servizio migranti come lo abbiamo fatto crescere insieme con l'amministrazione comunale, il Celva e la Regione in questi anni non si riproporrà più. E' la conclusione di un servizio dedicato esclusivamente a questa materia. Naturalmente noi come cooperativa abbiamo un po' la necessità e la voglia di riuscire, avendo dato continuità agli operatori che lavoravano nel servizio, di mettere a valore le conoscenze che in 25 anni di attività il servizio ha acquisito e accumulato. Ci sembra molto opportuno sia per quanto riguarda l'utenza straniera che in tante situazioni ha proprio bisogno di avere un punto d'appoggio un po' specializzato per le risposte che deve ottenere. E mi sembra anche utile perché dentro il servizio migranti la comunità ha sempre avuto un punto di attenzione e una fotografia di un processo che anche guardando gli ultimi eventi sta andando avanti e non si arresta di sicuro con la chiusura del servizio

Quali sono gli attuali numeri della Cooperativa?
La Cooperativa ha circa 140 tra soci lavoratori e dipendenti oltre ad una ventina di collaborazione più episodiche. I numeri restano più o meno quelli anche se dopo le riduzioni che ci sono state nei servizi alla prima infanzia siamo un po' più in tensione sul fronte occupazionale. Però stiamo tenendo su questa dimensione. E' presente nella gestione di tre tipologie di servizi. Sul fronte della prima infanzia noi abbiamo nove servizi tra Courmayeur e Gressoney e dopo le novità legate alla Farfavola il settore al momento è in ristrutturazione. Noi abbiamo poi un altro settore, quello storico legato all'accoglienza e alle politiche per l'immigrazione, in cui al di là della chiusura del servizio migranti cresce l'impegno per l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Abbiamo poi una filiera di servizi dedicati agli anziani con la gestione di alcuni servizi pubblici sul Comune di Aosta – assistenza domiciliari più altre tipologie – e la gestione di servizi privati di intermediazione di manodopera. Con la Bonne famille stiamo sviluppando un buon rapporto con la clientela privata che sta cercando progetti di assistenza per i propri anziani.

L'attività del Piccolo Albergo di Comunità prosegue e si consolida…
A noi piace pensare che sia davvero qualcosa di presente in maniera significativa nella nostra comunità. Il ristorante Intrecci poi continua a mantenere un buon livello di qualità con prezzi concorrenziali, offrendo la possibilità di fare serate di approfondimento in quanto abbiamo tantissime collaborazioni con associazioni e gruppi di riferimento. L'attività del Piccolo Albergo di Comunità con la Bonne Famille è significativo. Ci sono tantissime assistenti familiari che fanno riferimento alla Cooperativa per i loro problemi e in più c'è la parte dedicata all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, c'è una dove ospitiamo persone che preferiscono vivere in una situazione un po' più protetta e viva piuttosto che stare da soli presso il proprio domicilio.

Il concetto di economia civile può trovare casa anche in Valle d'Aosta?
Sicuramente sì. Noi un po' come tutti gli altri soggetti che si trovano ad aver lavorato negli ultimi vent'anni in questo nostro contesto abbiamo bisogno di recuperare del tempo rispetto alla capacità di fare impresa. E' al momento l'aspetto che forze manca di più tra tutti i soggetti del terzo settore, in particolare tra le imprese sociali. Però c'è spazio. E l'economia civile è quella che potrà dare una prospettiva. Qui bisogna tutti affrancarci un po' dall'essere stati più dei fornitori di servizi che dei creatori di economia civile. E questo è un lavoro difficile. Però vedo che ci sono tante realtà cooperative e associazioni che iniziano a confrontarsi con questi dati partendo dai problemi e dai bisogni d elle persone per poter trovare soluzioni non necessariamente che arrivano sempre dal pubblico. Anche l'idea dell'Emporio Solidale che si sta cercando di mettere a fuoco i in questi giorni è un po' il tentativo di riuscire a recuperare, nelle pieghe di un'economia che produce anche sprechi, la possibilità di dare dei sostegni effettivi ai bisogni delle persone. Credo che siano tutti dei piccoli indizi di un'attività e un'attenzione che la comunità ha nei confronti dei problemi e dei bisogni delle persone che sono più fragili.

L'Emporio solidale potrebbe essere una delle novità del 2016?
Bisognerà aspettare l'esito della selezione. Però ci auguriamo di poter realizzare anche in tempi ragionevolmente brevi un'esperienza che altrove ha trovato un'ottima applicazione. Penso alle regioni dell'Emilia e che è anche suffragata da decisioni legislative. Pensiamo alla legge che è stata approvata in Francia da poco. In cui il legislatore francese ha deciso di obbligare di riutilizzare gli sprechi della grande distribuzione, rendendo obbligatoria la raccolta e la distribuzione verso i poveri delle derrate in scadenza. Ed è una legge davvero interessante.

Un sogno da Imprenditore da realizzare?
Non smettiamo mai di sognare, di avere idee. Il confronto dentro la Cooperativa, soci e volontari, alla fine è il risultato di sogni che cercano di trovare spazi di realizzazione.

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