Dall'inizio di gennaio il servizio per la Famiglia e la Prima
Infanzia Farfavola si propone in gestione privata. Come nasce questa
decisione?
E'
una decisione che abbiamo preso in conseguenza di una serie di
situazioni che si sono verificate nel corso del 2015. Va detto che da
dieci anni noi gestivamo la Farfavola nei locali che avevamo reperito
dalla parrocchia. Li gestivamo per conto del Comune di Aosta. Nel
momento in cui il Comune di Aosta ha rinunciato a proseguire nella
gestione del servizio ci siamo chiesti come fare per continuare ad
offrire i servizi dentro agli spazi che avevamo allestito, anche con
investimenti significativi, negli ultimi dieci anni. E l'idea di
poter proseguire in termini di attività privata ci è parsa la
strada più percorribile. Sarà molto difficile tenere in quadro il
bilancio però cominciamo ad avere sufficiente esperienza per poter
immaginare una prospettiva non così negativa. Adesso siamo partiti.
Abbiamo ottenuto l'autorizzazione proprio sul filo di lana, il 30
dicembre, da parte della Regione. I clienti stanno crescendo.
Speriamo in bene.
Preso atto dei problemi legati alle risorse economiche come si può
strutturare in una maniera più razionale un nuovo welfare che non
sia semplicemente il risultato di tagli? Ovviamente se è possibile…
La
prima considerazione è che i servizi del welfare valdostano – fino
a qualche anno fa definito munifico, ricco, abbondante – oltre che
costi molto elevati presentano probabilmente anche delle spese che si
possono razionalizzare. Credo che in parte lo sforzo che si sta
intraprendendo in questo periodo sia proprio di razionalizzazione di
questa spesa. E' evidente che il welfare, i servizi alla persona non
possono rispondere esclusivamente ad una domanda privata in quanto
hanno un fortissimo valore del lavoro e sarebbero troppo cari in una
offerta privata. Di conseguenza un welfare totalmente privato non può
stare in piedi. Però razionalizzando la spesa e con una buona
partecipazione dell'utenza privata io sono convinto che cio sia uno
spazio per poter mantenere dei livelli di copertura dei servizi
adeguati per il nostro contesto.
Dal
tema della famiglia all'immigrazione. Sulla chiusura del Centro
immigrati è stata detta davvero la parola fine?
Credo
che il servizio migranti come lo abbiamo fatto crescere insieme con
l'amministrazione comunale, il Celva e la Regione in questi anni non
si riproporrà più. E' la conclusione di un servizio dedicato
esclusivamente a questa materia. Naturalmente noi come cooperativa
abbiamo un po' la necessità e la voglia di riuscire, avendo dato
continuità agli operatori che lavoravano nel servizio, di mettere a
valore le conoscenze che in 25 anni di attività il servizio ha
acquisito e accumulato. Ci sembra molto opportuno sia per quanto
riguarda l'utenza straniera che in tante situazioni ha proprio
bisogno di avere un punto d'appoggio un po' specializzato per le
risposte che deve ottenere. E mi sembra anche utile perché dentro il
servizio migranti la comunità ha sempre avuto un punto di attenzione
e una fotografia di un processo che anche guardando gli ultimi eventi
sta andando avanti e non si arresta di sicuro con la chiusura del
servizio
Quali
sono gli attuali numeri della Cooperativa?
La
Cooperativa ha circa 140 tra soci lavoratori e dipendenti oltre ad
una ventina di collaborazione più episodiche. I numeri restano più
o meno quelli anche se dopo le riduzioni che ci sono state nei
servizi alla prima infanzia siamo un po' più in tensione sul fronte
occupazionale. Però stiamo tenendo su questa dimensione. E' presente
nella gestione di tre tipologie di servizi. Sul fronte della prima
infanzia noi abbiamo nove servizi tra Courmayeur e Gressoney e dopo
le novità legate alla Farfavola il settore al momento è in
ristrutturazione. Noi abbiamo poi un altro settore, quello storico
legato all'accoglienza e alle politiche per l'immigrazione, in cui al
di là della chiusura del servizio migranti cresce l'impegno per
l'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. Abbiamo poi
una filiera di servizi dedicati agli anziani con la gestione di
alcuni servizi pubblici sul Comune di Aosta – assistenza
domiciliari più altre tipologie – e la gestione di servizi privati
di intermediazione di manodopera. Con la Bonne famille stiamo
sviluppando un buon rapporto con la clientela privata che sta
cercando progetti di assistenza per i propri anziani.
L'attività del Piccolo Albergo di Comunità prosegue e si consolida…
A
noi piace pensare che sia davvero qualcosa di presente in maniera
significativa nella nostra comunità. Il ristorante Intrecci poi
continua a mantenere un buon livello di qualità con prezzi
concorrenziali, offrendo la possibilità di fare serate di
approfondimento in quanto abbiamo tantissime collaborazioni con
associazioni e gruppi di riferimento. L'attività del Piccolo Albergo
di Comunità con la Bonne Famille è significativo. Ci sono
tantissime assistenti familiari che fanno riferimento alla
Cooperativa per i loro problemi e in più c'è la parte dedicata
all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, c'è una
dove ospitiamo persone che preferiscono vivere in una situazione un
po' più protetta e viva piuttosto che stare da soli presso il
proprio domicilio.
Il concetto di economia civile può trovare casa anche in Valle
d'Aosta?
Sicuramente
sì. Noi un po' come tutti gli altri soggetti che si trovano ad aver
lavorato negli ultimi vent'anni in questo nostro contesto abbiamo
bisogno di recuperare del tempo rispetto alla capacità di fare
impresa. E' al momento l'aspetto che forze manca di più tra tutti i
soggetti del terzo settore, in particolare tra le imprese sociali.
Però c'è spazio. E l'economia civile è quella che potrà dare una
prospettiva. Qui bisogna tutti affrancarci un po' dall'essere stati
più dei fornitori di servizi che dei creatori di economia civile. E
questo è un lavoro difficile. Però vedo che ci sono tante realtà
cooperative e associazioni che iniziano a confrontarsi con questi
dati partendo dai problemi e dai bisogni d elle persone per poter
trovare soluzioni non necessariamente che arrivano sempre dal
pubblico. Anche l'idea dell'Emporio Solidale che si sta cercando di
mettere a fuoco i in questi giorni è un po' il tentativo di riuscire
a recuperare, nelle pieghe di un'economia che produce anche sprechi,
la possibilità di dare dei sostegni effettivi ai bisogni delle
persone. Credo che siano tutti dei piccoli indizi di un'attività e
un'attenzione che la comunità ha nei confronti dei problemi e dei
bisogni delle persone che sono più fragili.
L'Emporio solidale potrebbe essere una delle novità del 2016?
Bisognerà
aspettare l'esito della selezione. Però ci auguriamo di poter
realizzare anche in tempi ragionevolmente brevi un'esperienza che
altrove ha trovato un'ottima applicazione. Penso alle regioni
dell'Emilia e che è anche suffragata da decisioni legislative.
Pensiamo alla legge che è stata approvata in Francia da poco. In cui
il legislatore francese ha deciso di obbligare di riutilizzare gli
sprechi della grande distribuzione, rendendo obbligatoria la raccolta
e la distribuzione verso i poveri delle derrate in scadenza. Ed è
una legge davvero interessante.
Un
sogno da Imprenditore da realizzare?
Non
smettiamo mai di sognare, di avere idee. Il confronto dentro la
Cooperativa, soci e volontari, alla fine è il risultato di sogni che
cercano di trovare spazi di realizzazione.
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