Intervistiamo questa settimana Federico Chierico, uno dei quattro soci della «Paysage a manger» di Gressoney, siamo in agricoltura, nello specifico nella coltivazione delle patate.
Il vostro è un progetto molto particolare. Specializzato e
di nicchia…
E’ soprattutto specializzato. Noi ci siamo innamorati del
mondo delle varietà antiche e quindi stiamo cercando di sviluppare l’azienda
intorno a questo. Siamo di nicchia perché bisogna conoscerle, diffonderle, mangiarle.
E’ un mondo poco conosciuto. Va scoperto e si deve avere voglia di scoperchiare
il vaso di Pandora…
Come vi siete avvicinati a questa attività?
Per gioco. I soci che hanno fatto nascere Paysage à manger
non facevano questo di mestiere quando Paysage è nata. E’ una realtà nata per
passione per la terra. Per quanto riguarda me è un semino che arriva da lontano
in quanto la mia famiglia ha sempre avuto la campagna a margine di altre
attività e ad un certo punto ho iniziato a capire che coltivare la terra e
dedicarsi a ciò che cresce era la cosa più bella che si può fare durante una
giornata. E poi ho iniziato a capire che in una regione turistica ma anche per
i residenti che vi abitano c’è bisogno di prodotti, di cibo buono, di qualità. Tutti
ne hanno bisogno. Anche per me prima di iniziare a coltivare non era così
facile reperire del buon cibo. Magari in città esiste il mercato biologico o i
gruppi di acquisto solidale, mentre in una Valle per chi non ha gli orti
finisce per essere più difficile. E quindi c’è venuto in mente di iniziare a
produrre cibo. Ripeto all’inizio un po’ per gioco, poi giocando ci siamo
appassionati delle varietà antiche e, soprattutto, delle patate.
La patata «Verrayes» |
Vista la vostra produzione dire semplicemente che producete
patate è molto generico…
Noi abbiamo una quarantina di varietà in produzione e anche
di ortaggi, un altro ambito in cui lavoriamo. L’ortaggio ci allunga la
stagione. Noi abbiamo orti a partire da Fontainemore fino a Gressoney-Saint-Jean
e stiamo già iniziando a raccoglierli, mentre le patate le abbiamo appena
seminate. Anche nel campo dell’orticoltura ci siamo dedicati alla riscoperta di
varietà un po’ particolari, di sapori e colori che si erano un po’ perduti.
Inoltre con essa fidelizziamo la clientela per poi proporre il prodotto in una
stagione in cui c’è un po’ meno turismo, cioè autunno e una parte dell’inverno.
L’orticoltura con la vendita in campo è proprio un bel biglietto da visita. Ci
consente di poter parlare bene con i nostri clienti. Ritornando alle patate
abbiamo una quarantina di varietà, in particolare quelle alpine e coltivate
nelle valli dei walser. Per questo siamo soci di una associazione svizzera di
salvaguardia semi che si chiama “Pro specie rara”, attiva da ormai trent’anni,
e per la quale da quest’anno siamo custodi di alcune varietà di patate e di un
paio di varietà di piselli. Grazie a loro e qualche famiglia che ancora si
tramanda i semi - perché si tratta di un mondo che è soltanto stato messo da
parte ma non è vero che è sparito. Per le patate è un po’ più problematico. In
Valle d’Aosta c’erano alcune varietà tra la fine dell’800 e l’inizio del 900.
La conservazione è stata un po’ problematica. Noi abbiamo trovato una varietà
valdostana che in Svizzera chiamano di Verrayes. E’ stata un valdostano a darla
a questa associazione e da un piccolo produttore, una sorta di collezionista,
abbiamo recuperato questi semi e li stiamo moltiplicando perché ci piacerebbe
reintrodurla, ridiffonderla in tutta la Valle. Notizie ci hanno detto che era
coltivata anche a Champorcher, Emarèse, Saint-Barthélemy.
Proviamo a dare un po’ di numeri sulla produzione…
Siamo un’azienda in crescita, siamo alla nostra quarta
stagione e quest’anno riusciremo a coltivare 15mila metri di patate, cioè un
ettaro e mezzo, seminando una trentina di quintali di tuberi e la raccolta
dovrebbe essere sei volte tanto in quanto le varietà antiche producono un po’
meno di quelle moderne. Noi confidiamo quest’anno di raggiungere la
sostenibilità economica. A questi aggiungiamo 3200 metri di orto e un po’ di
piccoli frutti. Come orto abbiamo un po’ tutto, l’unica cosa che non abbiamo
sono le solanacee cioè pomodori, peperoni e melanzane che sono prodotte da un
paio di ragazzi che stanno un po’ più in basso, tra Perloz e Pont-Saint-
Martin. Hanno la nostra stessa filosofia cioè nessun trattamento, coltivazione
naturale e preservazione della fertilità del suolo e quindi ci è piaciuto di
fare un po’ di rete con loro
Come va la commercializzazione e come la sviluppate?
Da pochi giorni abbiamo aperto la nostra vendita in campo e
ci troverete a Gressoney-Saint-Jean nel nostro orto, tutte le settimane.
Partecipiamo anche ad alcuni eventi un po’ selezionati e stiamo iniziando anche
a lavorare con la ristorazione. Occorrono però quantità e soprattutto una
capacità di consegna logistica che bisogna un po’ affinare per non bruciarsi.
Stiamo iniziando a lavorare anche grazie ad alcuni veicolatori del nostro
prodotto, persone che ci credono e che ci aiutano con il passaparola che poi
alla fine è quello che conta più di ogni marketing.
Voi fate anche parte della rete Tascapan. Come vi trovate?
Mathieu è una di quelle persone che si sono appassionate al
nostro progetto e noi ci siamo appassionati a lui in quanto è un motore di idee
e per questo stiamo iniziando a collaborare.
Qualche novità in vista da anticipare ai nostri lettori?
Sicuramente vorremmo riuscire a lavorare bene su queste
varietà walser a nord e sud delle Alpi e riuscire magari a tirare fuori un
piccolo marchio, un piccolo brandi di questi prodotti in quanto quando si parla
di varietà antiche è anche giusto e bene togliersi dall’autoreferenzialità. L’appoggio
con l’associazione svizzera è sicuramente importante e da quest’anno potremmo
esporre il loro marchio, ma vorremmo rafforzarlo anche con un nostro marchio. Oltre
a noi stiamo lavorando per avere anche qualche altro produttore quando si viene
in campo da noi
Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Riuscire a veicolare e diffondere queste varietà in modo che
tornino ad essere mangiate comunemente e si tolgano da quella nicchia in cui si
trovano oggi. Speriamo di farle tornare almeno sulle tavole delle nostre
comunità. Questo sarebbe già un grande risultato, un grande sogno. Ci vuole
però produzione e tanta voglia di raccontarle e condividerle. Un altro sogno è
quello di riuscire a diventare dei produttori di semi, anche degli ortaggi.
Produrli in azienda e così diffondere anche le sementi.
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