E’ indubbio che i
consumatori siano sempre più attenti e più consapevoli nelle scelte alimentari,
marchi ed etichette sono sempre più controllati e la trasparenza sta
diventando, nel settore agroalimentare, un valore aggiunto. Nella nostra
Regione abbiamo la fortuna , - e
l’abilità, perché no ! - di avere ben 4 denominazioni DOP (Fontina Dop - Vallée d'Aoste Lard d'Arnad Dop - Fromadzo Dop - Vallée d'Aoste Jambon
de Bosses Dop). Si tratta, probabilmente, di un vero
“record” di qualità; se rapportiamo le quattro DOP con la ridotta superficie
del nostro territorio, il numero degli abitanti e degli addetti al settore
agricolo, si tratta di un exploit molto difficilmente replicabile in Europa.
La denominazione DOP è
entrata nel lessico comune e, ai più, indica qualità di un prodotto. La
qualità, seppur intrinseca, non è, invece, l’elemento di discrimine assoluto ma
è la conseguenza di un processo produttivo controllato. La Denominazione di Origine Protetta pone, infatti, una ferrea
regolamentazione sulle tre fasi di
realizzazione di un prodotto: produzione, trasformazione ed elaborazione. Per
essere più chiari è facile rifarsi al nostro principale prodotto: la Fontina
DOP.
La fase della
produzione è regolamentata : solo in Valle d’Aosta, solo latte valdostano e
solo da razze autoctone (per determinare l’origine della materia prima) così
come sono regolamentate, ad esempio, l’alimentazione delle bovine e la
caseificazione, da eseguire ad ogni
mungitura. La seconda fase è altrettanto regolamentata; latte crudo e intero,
temperatura del latte, tempi di rottura delle cagliate, modalità di pressatura,
ecc. La fase della elaborazione viene garantita con i tempi prescritti di maturazione
del prodotto, modalità di salagione, caratteristiche delle forme e dei
magazzini e, infine il marchio.
Naturalmente la regola
è valida – ad esempio – anche per il Lardo d’Arnad: l’origine è garantita dal
disciplinare (maiali allevati in Valle
d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, e Veneto , come per i Prosciutti
di Parma e San Daniele) la zona di produzione è esclusivamente il territorio
del Comune di Arnad, mentre la trasformazione deve avvenire, come condizione
fondamentale, attraverso l’uso di sale, erbe aromatiche e salamoia con relativa
maturazione nei “doils”.
Una seconda
denominazione Comunitaria, molto più cara al settore dell’industria
agroalimentare, è quella delle IGP – Indicazione
Geografica Protetta - che, in
effetti, è più effimera e – a volte – più si presta a “confondere” il
consumatore. Infatti la denominazione del marchio garantisce che una sola delle
tre fasi sopra menzionate (produzione, trasformazione ed elaborazione) avvenga
in una particolare area geografica determinata a cui si attribuiscono una data
qualità o una particolare reputazione alimentare. Ecco che un salume IGP può
essere prodotto in una zona particolare d’Italia ma con maiali che provengono
dall’estero, così come un formaggio con latte straniero. Tutto ciò non vuol
certamente dire che il prodotto non sia buono o che non sia controllato ma, a
volte soprattutto a fronte di grandi produzioni industriali, si può perdere
quel contatto con il tessuto agricolo del territorio, che è quell’elemento che
il consumatore moderno cerca e che organizzazioni, come Coldiretti, sostengono
da sempre.
Una terza
denominazione, peraltro molto meno nota,
è STG – Specialità Tradizionale
Garantita – a cui appartengono, a livello nazionale, “solo” la Mozzarella
(nella sua definizione generica) e la Pizza. Questa denominazione non fa riferimento all’origine del prodotto ma
ad un metodo tradizionale, non solo del prodotto, ma anche della ricetta di
preparazione.
Più rilevanza assume,
invece, – anche nella nostra Regione – l’elenco che viene identificato con la
sigla PAT, - Prodotti Agricoli
Tradizionali - elenco nazionale che
viene pubblicato in costante aggiornamento dal Ministero dell’Agricoltura e
riservato a prodotti ottenuti con metodi di lavorazione, conservazione e
stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio
interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore a 25
anni. Si tratta, per la Valle d’Aosta, di 29 prodotti, dalla Motsetta al
Réblec, dal Pan Ner all’Olio di noci.
Per ulteriori
approfondimenti gli elenchi completi di tutti i prodotti DOP, IGP, STG, e PAT
sono facilmente reperibili sul sito www.politicheagricole.it.
Ezio Mossoni
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