Propongo il mio ultimissimo editoriale pubblicato sul Corriere della Valle attualmente in edicola.
Ricordo che, come sempre, sono ben accetti i commenti sull'argomento.
Mi sono chiesto spesso che cosa può fare un settimanale come il Corriere della Valle per contribuire al dibattito politico. E rimango dell’idea che il nostro impegno più grande debba andare nella direzione dell’offrire spunti di riflessione. Con una consapevolezza chiara. E’ una strada in salita, faticosa, che non dà frutti evidenti e che si deve rapportare con una politica valdostana (ma non solo) che non ama molto il confronto, e che, talvolta, non tiene nel dovuto conto l’importanza delle competenze. Il risultato è spesso il silenzio. Il documento che come uffici di pastorale proponemmo nel 2003 non ha sortito nessun effetto. Il certosino lavoro fatto dal Corriere durante la visita pastorale del Vescovo alla città neppure. Dispiace perché cresce il dubbio che se non si urla un po’, se non si fa crescere il tono della polemica più del necessario, non si ottiene la considerazione dovuta. Cosa, ovviamente, poco incline al Dna del settimanale che dirigo. Anche se talvolta, qualcuno mi ha fatto notare, bisognerebbe ritrovare il senso civico dell’indignazione, definendo come inaccettabili determinate scelte politiche che ledono la dignità delle persone o, peggio, mortificano il futuro di molti nostri giovani, costretti, in taluni casi, ad una appartenenza politica più “strumentale” che ideale. Tuttavia qualche spiraglio di confronto anche qui si apre. Ed è giusto segnalarlo. Recentemente la Camera di Commercio di Aosta ha chiesto alla Diocesi di produrre un proprio documento con alcune indicazioni sul rilancio dell’immagine della città. Il testo è stato predisposto da Roberto De Vecchi, e abbiamo deciso di proporlo in versione integrale su questo numero del Corriere (a pagina 3 del numero attualmente in edicola dal titolo «La comunità cristiana desidera un'Aosta più viva»).
Nel testo, che vi invito a leggere, sono indicate tre condizioni su cui costruire il futuro del capoluogo regionale che, secondo me, ben si applicano anche alla politica regionale.
La prima condizione è la centralità della persona. «Occorre partire dalla considerazione che la città – si legge - esiste per ospitare le persone e per permetterne la vita. Oggi purtroppo tutta la vita sociale, coi suoi orari e le sue necessità, è organizzata sulle esigenze della burocrazia e degli interessi commerciali, spesso in contrasto e a volte incompatibili con la vita delle famiglie». La seconda condizione sta nella ricchezza e nella felicità delle relazioni tra persone e tra gruppi. L’unità delle famiglie e la solidarietà dei gruppi è la base indispensabile di una comunità cittadina compatta e solidale. “Molti, abituati a giudicare tutto in base alla produzione e al profitto (o al capriccio individuale, che produce, su altro versante,gli stessi effetti) forse sorridono a sentir parlare di felicità nelle relazioni, ma è proprio questo sentimento il principale «costruttore» di una comunità solidale.
La terza condizione, infine, è un uso saggio del territorio, che consenta sia la vita delle persone e delle famiglie, sia l’esistenza delle attività economiche e sociali, in un positivo equilibrio.
(Pubblicato sul Corriere della Valle d'Aosta del 26 giugno 2008)
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