Come ogni settimana propongo anche on line l'editoriale che ho scritto sul Corriere della Valle.
«L’ingiustizia regna quando le leggi di crescita economica e di sempre maggiore profitto determinano lerelazioni sociali, lasciando nella povertà e miseria coloro che non hanno altro da offrire se non il lavoro delle proprie mani. Pertanto la Chiesa non esiterà di farsi carico della causa del povero e di diventare la voce di coloro che non sono ascoltati quando parlano per chiedere giustizia, e non per domandare elemosina». Sono parole indirizzate da Giovanni Paolo II ai proprietari e operai delle piantagioni di canna da zucchero di Bacolod City (Messico), il 20 febbraio 1981, che sembrano risuonare come una profezia in un tempo in cui la piaga della fame non si cicatrizza e noi occidentali sempre più vorremmo rinchiuderci nei nostri confini e dimenticarci che il dramma degli immigrati è l’altra faccia della fame. Purtroppo il recente vertice della Fao a Roma ha deluso, rivelando un’incapacità ad affrontare i problemi tale da sfiorare l’ammissione dell’impotenza. C’è chi sostiene che ci sia attesa per le elezioni americane in novembre, ma ogni giorno che passa è una macchia sulla coscienza delle nazioni del Nord del mondo. Il tema alimentare è troppo importante perché si possa “lasciar fare” solo al mercato, che, in ultima istanza, è sempre un confronto tra rapporti di forza, tra poteri contrattuali diversi, in cui i più forti prevalgono.
Anche i più deboli hanno diritto di mangiare e questo precede qualunque altro obiettivo di politica economica. Di conseguenza le responsabilità delle nazioni più ricche non consiste soltanto nel mettere a disposizione maggiori risorse.
Il lavoro è molto più complesso, soprattutto ora che ci muoviamo in un mondo globalizzato. «La soluzione - come affermato da Riccardo Moro, direttore della «Fondazione Giustizia e Solidarietà» e componente del Comitato Ecclesiale Cei per la Riduzione del debito dei paesi più poveri - non sta nell’aumento dei fondi, comunque preziosi. Sta nella creazione di un’authority internazionale, con poteri di sanzione, che sovrintenda in cinque campi: quantità prodotte nelle diverse aree regionali e nazionali, prezzi internazionali, sussidi e barriere, speculazioni finanziarie, proprietà della terra». Per Moro con l’authority servono due iniziative speciali. La prima dedicata alla tutela della proprietà tradizionale dei contadini nel Sud del mondo, che si vedono spesso sottratta la terra per vie legali perché non sanno di doversi registrare nei catasti creati con le riforme agrarie. La seconda consiste nel rendere illegale ogni forma speculativa legata a prodotti alimentari. «In alcuni paesi – conclude Moro - è vietato legare titoli che scommettono sul raggiungimento di determinate quotazioni al cibo: se applicata dappertutto, questa norma può sterilizzare le spinte speculative che stanno arroventando il mercato alimentare». Una complessità che però non deve esimerci dal dare il nostro contributo:da un lato mettendo anche a disposizione delle risorse economiche, magari con il meccanismo dell’adozione a distanza; dall’altro, come già sottolineato, guardando ai fenomeni migratori consci del dramma di chi è costretto ad abbandonare il proprio paese per garantirsi una sopravvivenza.
E i tanti italiani nel mondo, cui oggi abbiamo dato voce nel nostro parlamento, dovrebbero aiutarci a fare memoria. (Pubblicato sul Corriere della Valle del 12 giugno 2008)
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