La Valle d’Aosta ha finalmente un Piano Regionale delle Attività Estrattive, ma il nuovo documento non piace agli imprenditori del settore che, soprattutto nel circondario di Aosta, non nascondono la loro preoccupazione per uno strumento, secondo loro, spuntato che promette una programmazione decennale, ma, in realtà, non supererà il quinquennio. In questa logica i vertici di Assocave, guidati da Giuseppe Lain, (complessivamente 18 aziende che sul territorio regionale danno lavoro a 600 dipendenti, indotto compreso, per un fatturato di circa 10 milioni) hanno già chiesto alla Regione di istituire uno strumento politico-economico che veda presenti tutti i soggetti interessati per procedere all’integrazione del piano. Una sorta di tavolo di concertazione dove cercare un nuovo punto di equilibrio.
Il testo approvato
Il piano, approvato nella seduta del 25 giugno, suddiviso in tre piani di settore, individua 17 aree estrattive per il settore inerti (di cui 7 nuove), 19 per il settore pietrame (5 nuove) e 43 per il settore del marmo e delle pietre affini ad uso ornamentale, il quale è stato ulteriormente suddiviso in 8 aree estrattive per il settore lose (2 nuove), 23 per il settore marmo (1 nuova) e 12 per il settore pietre ornamentali (6 nuove). «L'iter - ha detto l'Assessore al territorio e ambiente, Manuela Zublena - che ha condotto all'elaborazione del piano è stato complesso, articolandosi nel corso di un anno. Dal momento dell'approvazione dell'atto, i soggetti interessati potranno fare richiesta di autorizzazione alla coltivazione. Ricordo che le previsioni contenute nel piano prevalgono sulle eventuali previsioni difformi contenute negli strumenti urbanistici comunali, sostituendosi automaticamente alle previsioni comunali, e sono immediatamente efficaci e vincolanti».
Indicazioni delle imprese non adeguatamente considerate
Le imprese evidenziano come rispetto allo scenario di un anno fa, successivo all’approvazione della legge regionale 13 marzo 2008 n.5 concernente «Disciplina delle cave, delle miniere e delle acque minerali naturali, di sorgente e termali» sia cambiato poco. Nel dibattito consiliare le posizioni critiche del mondo delle imprese sono riecheggiate nelle parole di Enrico Tibaldi (PdL) che ha espresso perplessità riguardo alla tempistica e alle procedure amministrative, che pongono in condizione di svantaggio i cavatori valdostani nei confronti di colleghi di altre regioni o stati. «Il piano – ha detto Tibaldi - è stato confezionato limitando notevolmente le potenzialità estrattive e inserendo nell'elenco dei giacimenti addirittura cave esaurite da tempo. Serve una disciplina univoca per tutti i Comuni valdostani e una revisione aggiornata della materia, per evitare di penalizzare i nostri operatori del settore, valorizzando la loro attività nell'ambito di una corretta sostenibilità ambientale». Per Roberto Montrosset che ha seguito per Assocave tutto l’iter procedurale «nodi cruciali sono rimasti quasi tutti da sciogliere». «La lunga gestazione del piano – spiega - ha fatto sì che oggi non sia possibile assicurare alle aziende una programmazione in grado di affrontare il medio periodo. In particolare nella zona intorno al capoluogo regionale sono state escluse alcune macroaree di particolare rilevanza e altre sono state inserite con un tale numero di vincoli da risultarne economicamente non conveniente l’attività di estrazione». Per Montrosset inoltre sarebbe stato meglio coinvolgere nella redazione del piano anche l’assessorato alle Attività Produttive. «Penso che in questa maniera – conclude l’imprenditore valdostano – sarebbero stati valutati con più attenzione anche i risvolti di tipo economico. Diversamente è chiaro che finiscono per prevalere le esigenze degli enti locali o dei consorzi di miglioramento fondiario». Ora la richiesta di un nuovo confronto.
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