Quarta puntata della tesina di Manuela Frasson. Si tratta della seconda parte del paragrafo
COME L’AZIENDA PENSA DI AFFRONTARE IL MERCATO GLOBALE?
Trovate la prima puntata qui, la seconda qui e la terza qui. Domani ci sarà l'ultima.
Buona lettura.
- Sviluppo enoturismo, accoglienza in cantina: è sempre più importante dare una buona accoglienza in cantina, cosa che presuppone una sala degustazione a disposizione, caratteristica assente nelle vecchie cantine come quella dell'azienda, molto tecnica e poco adatta alle visite; anche per questo motivo è da privilegiare la comunicazione di emozioni attraverso il vigneto e il territorio circostante e l’azienda si ripropone l’organizzazione di visite su prenotazione, date le risorse a disposizione che non consentono di attuare la politica delle cantine della California e della Napa Valley, che hanno un addetto specifico; in ogni caso l'azienda è intenzionata a rivedere in parte la mentalità di chiusura tipicamente valdostana e presto l’antica cantina, sede storica dell’azienda, diventerà sala di degustazione e di rappresentanza.
- Comunicazione del territorio attraverso le emozioni, il c.d. marketing emozionale: camminare nei vigneti suscita emozione ed è questo un fattore molto importante, perché chi compra il vino, compra anche sensazioni, solo così si riesce a vendere un prodotto con un premium price. Ad esempio due anni fa le figlie hanno fatto uno stage di tre mesi negli USA presso l'importatore, seguendolo nella sua attività di distribuzione e di contatti e da lì si è instaurato una sorta di meccanismo per cui dagli USA arrivano clienti in azienda che visitano la cantina, e al ritorno acquistano il vino. Questo fattore si ricollega sia all'enoturismo, che alla comunicazione diretta al consumatore: quest’ultima rappresenta un'arma vincente, perché quando consumatore e produttore interagiscono senza intermediari, il consumatore resta più colpito, riesce a capire le innumerevoli sfumature del prodotto e percepisce la passione del produttore. Nell’ottica di trasmettere emozioni l'azienda conferisce molto valore a determinate immagini del territorio valdostano, quali i vigneti con alle spalle la montagna, magari nel periodo autunnale ricco di colori, oppure immagini che trasmettono la fatica del lavoro dell'uomo, elemento imprescindibile e che innalza i costi produttivi rispetto ad appezzamenti meccanizzati (per lavorare manualmente 1 ha di vigneto si impiegano 1200 ore in Valle d'Aosta contro le 40 h dei vigneti australiani completamente meccanizzati dove si fanno trattamenti dagli elicotteri).
Tra le immagini evocative utilizzate dall'azienda ha sicuramente un posto di primo piano quella della famiglia Charrère, elemento che colpisce positivamente il consumatore e che pertanto si cerca di comunicare.
- Garanzia di disponibilità del prodotto sul territorio, fidelizzare il consumatore invitandolo in cantina è inutile se questi non trova il vino nel suo territorio d'origine, pertanto l’azienda ha mirato ad avere una rete commerciale il più capillare possibile, così da poter coprire tutte le richieste. In Italia è organizzata con una rete di agenti, una rete di distribuzione, ma vende anche direttamente in cantina al privato; all'estero ha il proprio importatore che a sua volta può avvalersi di distributori o lavora già come agenzia e rivende il vino, un esempio può essere rappresentato dagli USA, mercato in cui l’impresa lavora molto, dove l'importatore non ha la licenza per rivendere i prodotti in ogni Stato e quindi deve avvalersi di altri distributori che ne sono in possesso; questi numerosi passaggi comportano un prezzo finale del vino esorbitante, ulteriore fattore limitativo alla diffusione del vino all'esportazione (non è ragionevole che una bottiglia che parte dalla cantina a 10 euro, arrivi al ristorante a 60 euro). Commercialmente gran parte del mercato è dedicato alla Valle d'Aosta, perché è una regione turistica in cui l'impresa vuol essere presente, perché il turista che viene a sciare se ha occasione di bere il vino dell'azienda, magari lo ricompra quando torna nella sua regione; per quanto riguarda l'Italia copre il 30% della produzione, cercando di essere distribuiti il più capillarmente possibile, anche se non c'è un agente per ogni regione, ci sono 27 agenti talvolta presenti in più province di una stessa regione: non è una strategia, e forse proprio il fatto di non avere una strategia a livello di rete di marketing rappresenta un tallone d'Achille. Per quanto riguarda l'esportazione l'azienda esporta in 13 paesi: ha un 15% all'estero nei paesi extra Ue e un altro 15% nell'unione europea, sicuramente per ora il mercato più grande è coperto dagli USA, seguiti dal Giappone che sono gli importatori con i quali l'azienda ha un rapporto consolidato e che garantiscono ogni anno l'acquisto degli stessi quantitativi.
- Intermediari selezionati, poiché il consumatore consuma direttamente il vino presso enoteche, ristoranti, hotel o supermercati, è fondamentale che i gestori sappiano comunicare il prodotto, a questo fine è necessario selezionare con cura queste figure ed instaurare un rapporto privilegiato, così da riuscire a spiegare il prodotto affinché siano in grado di promuoverlo. Nonostante il grande dispendio sia in termini di energie che in termini economici, sta al produttore girare il più possibile e promuovere il proprio prodotto in occasione di degustazioni presso ristoranti, enoteche o fiere varie. L’accurata selezione degli intermediari rileva anche a livello di modalità di trasporto, soprattutto per l’esportazione oltreoceano di modo che il vino, che è una materia viva, possa mantenere le caratteristiche che ha nel luogo di produzione, anche perché l'azienda prepara la spedizione, ma sta all'importatore che ha contatti con il trasportatore, controllarne l’adeguatezza: se il prodotto affluisce ad un distributore non esperto, questo è un problema perché rovina la qualità del vino, si tratta di selezionare i distributori e far loro capire la delicatezza del prodotto.
L’azienda agricola Les Crêtes è uno dei marchi valdostani più noti al di fuori della Valle, uno tra i primi nomi ad essere uscito nel grande mondo dell'industria del food a livello internazionale attraverso la costruzione di un vantaggio competitivo valorizzando le risorse del territorio e configurandosi come un'azienda di nicchia con una strategia di focalizzazione orientata alla differenziazione, avendo deciso di rivolgersi ad un segmento di clientela sensibile alla qualità. La strategia intrapresa probabilmente è stata motivata sia da vocazione in quanto in linea con la mission dell’azienda, per la quale «la terra è come una madre da trattare bene per darle la facoltà di nutrirci e non da sfruttare e avvelenare», qualunque altra strategia sarebbe andata contro la natura di Costantino e della sua famiglia, sia da elementi estrinsechi all’azienda quali il territorio d’origine e il comparto vitivinicolo nel suo complesso.
Negli ultimi anni questo è profondamente cambiato: rispetto agli anni ’70 la produzione è diminuita a fronte di un aumento dell’attenzione per la qualità, chiaro segnale di una domanda sempre più selettiva da parte dei consumatori, che ha guidato il passaggio dal vino come alimento al vino come fonte di gusto e piacere, tant’è che nelle imprese leader del settore il fattore che più ha inciso sulla crescita del fatturato italiano di questi ultimi anni risiede nelle competenze del marketing, tecnologiche e produttive. D’altro canto è impossibile trovare una nicchia che non abbia già concorrenti: se non si è gli unici, almeno si può tentare di essere quelli con i prodotti migliori, inoltre puntare sulla qualità attraverso la valorizzazione delle risorse del territorio può favorire la sostenibilità di una strategia di focalizzazione orientata alla differenziazione.
Una strategia di questo genere dà numerosi vantaggi:
- difende i propri prodotti da quelli della concorrenza, poiché se il mio vino è differente, allora diventa unico e, di conseguenza, non comparabile con altri; diminuisce il numero di concorrenti diretti ed aumenta la possibilita' di tenere prezzi un po' piu' alti;
- fidelizza maggiormente i clienti;
- difende da prodotti sostitutivi.
I rischi connessi a tale strategia possono derivare dal fatto che nel caso del vino, che è anche un bene emozionale, si hanno due problemi:
- da una parte si deve cercare di creare un brand, di modo che questo sia così forte da far sì che il consumatore identifichi e lo richieda;
- dall'altra parte invece, si deve lavorare a livello di comunicazione diretta per far sì che chi vende o propone il vino, lo spinga facendo quasi una sorta di educazione al consumo così da trasmettere il valore del prodotto. La comunicazione ha un ruolo fondamentale per giustificare uno dei principali punti critici della produzione valdostana: i prezzi. Una bottiglia di Torrette prodotta in valle non è competitiva con una bottiglia di Barbera prodotta in Piemonte, il prezzo sarà sicuramente superiore benché le caratteristiche organolettiche possano dare la medesima soddisfazione, pertanto bisogna riuscire a comunicare tutto quello che sta a monte: quanto incide il lavoro manuale, le tecnologie non invasive, ecc., il tutto nel rispetto delle risorse economiche a disposizione. In alternativa
Si tratta di due strategie diverse determinate dalle riserve economiche a disposizione: chi le ha ingenti, investe nella comunicazione, nel brand e nelle manifestazioni, così che il prodotto diviene un prodotto di lusso e chi lo vuole lo chiede; diversamente, chi non ha questo tipo di forza, per comunicare il valore c.d. differenziale secondo i modelli di analisi di economia aziendale, deve investire sulla comunicazione diretta, che non dà riscontri immediati e che pertanto genera perplessità, in quanto non dà mai certezza del risultato.
In questo caso, secondo il modello di analisi delle cinque forze del settore, il brand rappresenta una barriera, perché in sua assenza si deve costruire questo tipo di comunicazione più diretta, di cui non si ha la percezione degli effetti, cosa che inevitabilmente influenza le scelte.
L'azienda cerca di giocare su due fronti perché il marchio Les Cretes inizia ad essere conosciuto grazie allo Chardonnay cuvée bois divenuto lo scorso anno il vino bianco più buono d'Italia, dopo aver preso per 10 anni i tre bicchieri e quindi in alcune zone la richiesta di prodotto è associata al nome, al brand; diversamente per quanto riguarda i vini autoctoni è necessario attuare una comunicazione più diretta, proprio perché sono i meno conosciuti.
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