5 aprile 2008

Spunti di riflessione - 18: Il prezzo del grano è sceso ma i costi no!

Pubblico molto volentieri all'interno del consueto spazio settimanale dedicata gli spunti di riflessione un intervento di Ezio Mossoni, direttore della Coldiretti valdostana. Spero che altri vogliano utilizzare questo spazio per offrire contributi utili al dibattito sullo sviluppo dell'economia regionale. Ecco il testo di Mossoni


L’aumento generalizzato dei prezzi sta occupando televisioni e giornali, ma – soprattutto – sta preoccupando tutti gli italiani. Spetta a chi governa trovare i rimedi affinché, come si suol dire, si possa «arrivare» a fine mese o meglio ancora poter risparmiare, operazione nella quale gli italiani sono sempre stati grandi protagonisti. Ai problemi delle famiglie si contrappongono i problemi delle imprese; la continua crescita dei costi di trasporto e degli altri costi logistici mettono a rischio la competitività delle imprese Made in Italy, che va affrontata con interventi strutturali.
Il settore agricolo è stato coinvolto nell’aumento dei prezzi a causa dell’aumento del costo delle materie prime che, secondo alcuni, ha origine dal prodotto tolto dal mercato alimentare per essere dirottato sul mercato delle bioenergie.
Mi viene da dire «magari così fosse!» i benefici sociali sarebbero certamente più alti dei costi, vorrebbe dire che avremmo trovato una valida alternativa al petrolio e che ad un aumento del prezzo degli alimentari corrisponderebbe un crollo del prezzo del petrolio, ma attenzione costerebbero meno anche i trasporti, l’energia elettrica, la produzione delle plastiche e degli imballaggi e il tutto di tradurrebbe con un aumento dei prezzi alla produzione ( Dio sa quanto il mondo agricolo ne ha bisogno!) e lo stesso prezzo ( o forse meno) al mercato! La verità è che i prodotti agricoli destinati a creare biocombustibili sono ancora troppo pochi per influenzare i prezzi mondiali, e l'andamento delle quotazioni delle materie prime come il grano è fortemente condizionato dalle speculazioni internazionali che si spostano con facilità dai mercati finanziari a quelli delle commodities. A influenzare le quotazioni sono le informazioni sulle prospettive dei raccolti in funzione delle semine e del maltempo in diverse parti del mondo, mentre si registra una richiesta senza precedenti di prodotti agricoli da parte di Paesi in rapido sviluppo come Cina ed India. E qui si sviluppa un altro discorso che ci deve fare riflettere. Il pensiero trasversale degli economisti occidentali era che la «globalizzazione» avrebbe «girato» attorno agli Stati Uniti d’America, mentre il fulcro reale della globalizzazione sta attorno ai Paesi come, appunto, la Cina e l’India. Praticamente due continenti, con quasi 2,5 miliardi di persone che si stanno - evviva! - occidentalizzando; 2,5 miliardi di persone che, per loro grande fortuna, si stanno aprendo e chiedono di…mangiare, stufi da secoli di un pugno di riso al giorno! E, quindi per la più vecchia legge economica del mondo sappiamo tutti che domanda e offerta regolano i prezzi e che 2,5 miliardi di persone sono certamente in grado di influenzare i mercati mondiali. Intanto, però, a dimostrazione di come le speculazioni internazionali siano efficienti, il prezzo del grano continua a crollare e fa segnare un calo del 6 per cento in un giorno e torna sui valori della fine dello scorso anno con quotazioni inferiori a 0,23 euro al chilo al Chicago Board of Trade, che rappresenta il punto di riferimento del commercio internazionale delle materie prime agricole. Il prezzo del grano è crollato al valore di 9,29 dollari per bushel (pari a 27,2 chili) perdendo quasi un terzo del valore raggiunto con il massimo storico fatto segnare il mese scorso. L'esperienza del passato purtroppo dimostra che il prezzo al consumo dei derivati del grano al consumo aumenta rapidamente in caso di crescita della materia prima, ma non inverte la rotta in caso di riduzioni come quelle che stanno avvenendo. Peraltro, ad esempio, il grano incide appena per il 10 per cento sul prezzo del pane. Il contenimento dei prezzi dei prodotti alimentari a vantaggio dei consumatori si affronta eliminando le distorsioni nel percorso dei prodotti dal campo alla tavola lungo il quale in media i prezzi aumentano da cinque a dieci volte. Nella forbice dei prezzi tra l’origine e il consumo c'è abbastanza spazio per recuperare diseconomie e garantire una adeguata remunerazione agli agricoltori e a tutte le componenti della filiera senza per questo aggravare i bilanci delle famiglie con conseguenze negative per i consumi con gli acquisti familiari che sono in decisa caduta.
Intanto, però, l'aumento dei prezzi del petrolio e dell'energia spinge alle stelle i costi di produzione in agricoltura che fanno segnare un aumento medio del nove per cento con incrementi record per l'attività di allevamento e la coltivazione dei cereali come frumento, mais e riso. L'aumento record delle bollette energetiche colpisce sopratutto le attività agricole che necessitano del riscaldamento delle serre (fiori, ortaggi e funghi), di locali come le stalle, ma anche per l'essiccazione dei foraggi destinati all'alimentazione degli animali, oltre a quelle che utilizzano il carburante per il movimento delle macchine come i trattori. Contro l'aumento dei prezzi del greggio va percorsa con decisione, tra altre politiche di contenimento dei costi, proprio la strada delle sviluppo delle energie alternative rinnovabili recuperando i ritardi accumulati.

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