1 marzo 2009

Imprenditorialità innovativa e sviluppo economico: alla ricerca di relazioni virtuose

Terza ed ultima parte dell'intervento tenuto dal professor Federico Visconti in occasione dell'inaugurazione dell'Anno accademico. La prima e la seconda sono state pubblicate ieri e l'altro ieri.

Il punto da cui muovere è la corretta identificazione degli attori coinvolti, dei loro contributi e delle loro responsabilità. A puro titolo esemplificativo, non si può pensare che il successo di determinati localismi trovi spiegazioni nell’esclusivo impegno degli imprenditori; probabilmente anche enti pubblici territoriali, banche e finanziarie locali, centri di formazione ed altre istituzioni vi hanno offerto il proprio prezioso contributo. Né sarebbe saggio attribuire le ragioni dell’insuccesso di molti interventi a sostegno dell’imprenditorialità alle inefficienze della pubblica amministrazione, alla complessità degli iter burocratici, ai ritardi di applicazione delle leggi.

E’ più che lecito ipotizzare che vi abbiano concorso anche fenomeni connessi alla sfera privatistica, basti pensare agli imprenditori che non hanno saputo cogliere le opportunità offerte ed a quelli che invece ne hanno approfittato, ma non nella prospettiva di concorrere alla crescita dell’intero sistema economico.

La legittimazione sociale dell'impresa
A tema, dunque, non vi sono singoli attori o parti del sistema locale; a tema, vi sono i valori, gli atteggiamenti, i convincimenti che permeano l’intero contesto di riferimento, nei suoi molteplici protagonisti, con esplicito riguardo ad un aspetto di fondo: il ruolo e la legittimazione sociale dell’impresa.

Nel 1920, indagando le ragioni del successo di alcuni distretti tessili inglesi, Marshall osservava che «i misteri dell’industria non sono più tali, è come se stessero nell’aria e i fanciulli ne apprendono molti inconsapevolmente».

Commentando le forti spinte alla crescita che hanno caratterizzato il proprio distretto, un imprenditore ha affermato: «Arzignano è un paese piccolo, con una sola piazza, dove tutti si incontrano ogni giorno e ogni sera. Così tra gli imprenditori si è creata una escalation di ambizioni, ognuno vuol far vedere che è più bravo e vuole diventare sempre più grande». Esempi come questi, tra lo scientifico e il folkloristico, legittimano lo sviluppo economico di molte aree territoriali, soprattutto nel nostro Paese.

Al centro di queste storie di sviluppo vi è il grande sogno del «fare l’imprenditore», il profondo fascino dell’attività imprenditoriale, l’elevata stima per l’impresa innovativa (Preti, Puricelli, 2007).

Un modello virtuoso
Ecco perché «promuovere un clima di stima per l’impresa competitiva vuol dire promuovere atteggiamenti auto-imprenditivi, di chi si attiva, di chi pensa che i posti di lavoro possono venir fuori dal risparmio, dagli investimenti, dall’impegno personale, dall’osservare quali sono i bisogni del contesto ambientale in cui si vive» (Coda, 1994).

Il volano del modello virtuoso per lo sviluppo economico di un determinato territorio sta essenzialmente nella legittimazione dell’attività d’impresa e nella stima per l’imprenditorialità di successo. Se tale volano è debole, il territorio, non disponendo del driver di sviluppo più importante, ne risulta sensibilmente penalizzato. Se tale volano invece esiste, possono essere attivate una serie di azioni volte a valorizzarne compiutamente il potenziale.

Si tratta di spazi di intervento che si dispiegano «al fianco» delle imprese, in logica di «metamanagement» e che vanno dall’analisi dello stato di salute del sistema locale alla identificazione di una serie di azioni finalizzate alla sua crescita, dall’esercizio di un ruolo di integrazione e di coordinamento dei molteplici interlocutori coinvolti nei progetti di sviluppo alla mobilitazione delle risorse organizzative e finanziarie necessarie, dalla verifica dei risultati raggiunti alle eventuali correzioni di rotta.

Il senso della community...
Si pensi, a titolo esemplificativo, allo sviluppo del patrimonio intangibile o, se si vuole, del capitale umano. Iniziative volte a qualificare il mercato del lavoro, a diffondere conoscenze innovative, a far emergere nuove professionalità, a sostenere il confronto con altri contesti economici, spingono, nella loro varietà, in una direzione fondamentale, quella di alimentare i processi di apprendimento, di favorire l’apertura verso l’esterno, di iniettare energia nel sistema. Al fondo, si tratta di iniziative che trasmettono un forte senso di «community entrepreneur» e che, in quanto tali, devono essere concepite e valutate.

Si rifletta sulla gestione dei progetti di intervento e sui meccanismi operativi che ne governano la realizzazione. In chiave manageriale e sempre in prospettiva di «metamanagement», è di cruciale rilevanza identificare ed adottare quegli strumenti di comunicazione, programmazione e controllo, allocazione delle risorse, incentivazione, ricompensa che possono agevolare la compiuta attuazione dei progetti stessi.

E, ancor prima, in fase progettuale, può essere opportuno promuovere una filosofia selettiva, indirizzando le risorse su iniziative di ampio respiro, nella consapevolezza che «una politica per l’impresa innovativa deve essere soprattutto una politica di rimozione di ostacoli (a livello di ordinamento fiscale, di mercato e di legislazione del lavoro, di meccanismi di funzionamento dei mercati finanziari, di infrastrutture), più che una politica di invenzione di incentivi» (Coda, 1994).

L'obiettivo del volano
Gli spazi di azione «intorno al volano» sono dunque numerosi.
Per perseguirli con efficacia ed efficienza è di fondamentale importanza che:

- siano concepiti all’interno di una visione di sviluppo unitaria del sistema economico locale. Si tratta, al fondo, di progettare iniziative che concorrano all’innesco di logiche sistemiche e che non esprimano uno sterile approccio «una tantum»;

- siano identificati e selezionati tenendo in adeguata considerazione la continuità con i valori, le competenze, le risorse, l’immagine, l’avviamento di un determinato contesto territoriale. Detto in altri termini: una rottura con la storia, in qualche caso ineluttabile, è sempre traumatica e non necessariamente produttiva;

- siano progettati, «coltivati» e valutati nella corretta prospettiva temporale. Alcuni interventi sono destinati a manifestare i loro risultati già nel breve periodo. Altri, toccando elementi intangibili del sistema, possono imporre un orizzonte temporale di medio-lungo periodo.

In conclusione: lo sviluppo economico di un determinato contesto territoriale presuppone l’avvio ed il funzionamento di un processo cui concorrono molteplici variabili: l’esistenza di imprese innovative e competitive, la qualità del capitale umano disponibile, l’efficace alimentazione di meccanismi relazionali, la presenza di una leadership “metadirezionale” illuminata e riconosciuta. E’ anche, ma solo in parte, un problema di risorse finanziarie.

La sfida, come si è tentato di documentare, è alta e impone profili di feconda imprenditorialità e di robusta managerialità a livello di imprese ma anche di interlocutori istituzionali. Tra di essi vi è anche l’Università, che continuerà ad offrire il proprio contributo, per lo sviluppo del Paese e della Valle d’Aosta.

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