22 aprile 2015

Paolo #Musumeci: «Dobbiamo smettere di parlare di #crisi»

Intervista a Paolo Musumeci della Musumeci editore.

Dopo l'esperienza di Amministratore Delegato di PCL Holding SA in Svizzera, un ritorno al primo amore: l'editoria. Come mai?
Anzitutto c’è la passione per il libro. E poi c’è la storia della casa editrice, che si sta avvicinando a 50 anni di esistenza e ha pubblicato 1500 titoli: è una lunga storia, soprattutto valdostana, ma negli anni molte pubblicazioni nazionali e co-edizioni internazionali ci hanno portato su mercati esteri.

Possiamo parlare di una Musumeci 2.0?
Mi piace pensare alla Musumeci editore come una start up con quasi 50 anni di esperienza. E’ un dato di fatto che stiamo vivendo una fase completamente nuova, di grande cambiamento. E quindi occorre rinnovarsi.

L'esperienza svizzera è stata anche utile dal punto di vista della crescita imprenditoriale...
Personalmente l'ho trovata molto arricchente. Per quasi dieci anni ho guidato un gruppo attivo nel settore della carta stampata e in tutte le aree collaterali, soprattutto sul mercato estero. Tutto in un sistema, quello svizzero, che ha un funzionamento profondamente diverso dal contesto italiano.

Che cosa occorre oggi per affrontare il mercato dell'editoria senza farsi travolgere?
C'è una pre-ricetta. Occorre smettere di pensare alla crisi, smettere di usare questa parola, abbandonare la negatività che offusca la crescita e la nascita di nuove idee. Poi le ricette sono anche semplici: la prima è innovare, innovare, innovare, cioè ridiscutere le regole di funzionamento per portare in azienda nuovi mercati e nuovi sbocchi. Naturalmente, una casa editrice ha bisogno di una struttura estremamente snella, di flessibilità. E io aggiungerei che, anche per la nostra posizione geografica favorevole, abbiamo bisogno di un mercato che sia sì valdostano e italiano, ma che tenga sempre anche conto dell’estero, in particolare per noi quello francofono di Svizzera o Francia.

Da chi è composto il nuovo staff della Musumeci?
Da Sandra Norat, che è lo storico direttore editoriale della casa editrice con cui ho prodotto più di 650 titoli: è lei il motore, la colonna editoriale. Loredana Genova è la mia segreteria: si occupa di tutta la parte promozione e distribuzione. Poi abbiamo un grafico di riferimento: è Pier Francesco Grizi, con cui abbiamo fatto molte esperienze e collaborato anche all'estero. Quindi c’è una collaborazione con Davide Jaccod, un giovane e brillante giornalista che ci cura tutta la parte stampa e comunicazione. Naturalmente, a questi vanno aggiunti moltissimi e prestigiosi autori, oltre a una rete consolidata di collaboratori esterni.

Quali sono i vostri prossimi progetti?
Stiamo lavorando su molti percorsi. Torneremo al Salone del libro di Torino portando una nuova pubblicazione: “Torino-Milano, 50 fotografie senza mirino” è un viaggio fotografico nelle due città che Piero Ottaviano e Giorgio Jano hanno realizzato con una macchina capace di scattare con una prospettiva di 360°. E’ il primo volume di una collana realizzata con questa tecnica. Ma per il nostro ritorno al Salone parliamo ovviamente di Valle d’Aosta: porteremo con noi “Liberi” di Cesare Dujany e Giacomo Sado, “Dalla Belle Époque alla Grande Guerra” di Elio Riccarand, “La Thuile e il suo colle” di Rita Decime. Poi ci sarà il libro che abbiamo pubblicato con Giorgio Macchiavello sul Tor des Géants, “Magical Mistery Tor”, arrivato alla seconda edizione e di cui abbiamo fatto anche un ebook con La Stampa.

Pensate di limitarvi ai libri?
Abbiamo già lanciato diverse pubblicazioni in formato elettronico: oltre al libro di Macchiavello abbiamo pubblicato un ebook di Guido Cossard sulla fondazione astronomica di Augusta Praetoria, a novembre. Anche “Liberi” avrà due edizioni cartacee, italiana e francese, e così pure ci saranno due ebook. I libri elettronici vogliono dire guardare al futuro, avere fette di mercato nuove. Penso che siano strumenti indispensabili, che però devono ancora maturare: non portano ancora grandi vendite, ma le porteranno probabilmente in futuro. E vogliamo essere della partita.

Lei è anche un osservatore dell'economia. Come ha trovato la Valle d'Aosta al suo ritorno?
Ho trovato una Valle dove ci sono delle nuove forze, dei giovani pieni di buona volontà e armati per guardare con occhio diverso il futuro. Certamente avremmo bisogno di poterci rimettere in discussione. Mi pare che la Valle d'Aosta non abbia ancora trovato la chiave di lettura per il proprio futuro, per un nuovo sviluppo: manca un po' la constatazione che le risorse che c'erano una volta non ci sono più. E’ una riflessione che faccio senza indirizzarmi alla politica, che sicuramente ha il compito di guidare, di indicare le prospettive, di scegliere le priorità: credo però che manchi ancora una coscienza del genere all'interno della società civile. Assistiamo tutti i giorni a un dibattito a livello italiano: un cambiamento può essere portato avanti quando ci sono una coscienza civica e un senso dell’etica diversi. Credo che si debba lavorare su un coinvolgimento di tutta la società.

Un suggerimento ad un giovane che vuole fare impresa?
Prima di tutto curare la propria formazione, spendendo all’estero periodi che sono fondamentali per arricchire la propria professionalità. Poi – anche se il momento è molto critico soprattutto visto l'alto tasso di disoccupazione proprio giovanile – non parlare di crisi, non pensare alla crisi, ma soprattutto cercare nuove idee e innovare, in qualsiasi professione.

Nel vostro caso in cosa avete innovato?
Anche in una professione che ha una lunga tradizione, credo sia necessario rimettere un po' in discussione tutte le regole su come si è agito finora. Rompere gli schemi. Ci siamo dotati di una struttura più leggera, capace di essere efficiente oltre che efficace.

Un sogno imprenditoriale da realizzare?
Vale per l'azienda, vale per i giovani, vale per il sogno. Io credo nella francofonia economica. L'ho sperimentato con la mia esperienza personale. Credo che vicino ai confini valdostani ci siano dei mercati che possiamo andare ad esplorare: questa è una base di ragionamento sia che si parli di giovani sia che si parli di sviluppo delle aziende valdostane. Un sogno nel cassetto? Abbiamo pubblicato tanti libri in lingua francese, e grazie al supporto dell’amministrazione pubblica abbiamo pubblicato nel tempo molti libri e molti autori di contenuto. Il mio sogno è riuscire a creare una piccola rete di distribuzione dei libri in francese, che vanno fatti conoscere di più.

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