Albert Chatrian (Alpe) |
Le sue impressioni sul quadro delineato dal sesto censimento agricolo?
Le impressioni, di fronte a numeri così crudi e inequivocabili, sono naturalmente negative. Sembra di assistere allo sfacelo di un intero settore produttivo. Se da un lato ci si potrebbe rallegrare per l’aumento della dimensione media delle aziende, dall’altro c’è il dato molto preoccupante della diminuzione, in soli 10 anni, di oltre il 22% della superficie agricola utilizzata.
Aggiungiamoci anche altri dati negativi, come il netto calo dei capi bovini (da 38.000 a 32.000, pari a -16%) e altri dati che non ti aspetti, come la diminuzione della superficie investita a vite o a fruttiferi - settori che dovevano diventare i fiori all’occhiello dell’agricoltura valdostana -, e la fotografia che ne scaturisce è perlomeno sconfortante.
Per la Valle d’Aosta, regione a vocazione turistica che ha investito ingenti risorse per il mantenimento dell’attività agricola e la valorizzazione delle sue eccellenze enogastronomiche il bilancio è negativo.
Come giudica le attuali politiche agricole regionali? Sono adeguate per affrontare il difficile momento dell’agricoltura valdostana?
Le politiche attuali, se fossero applicate così come descritte sulla carta, potrebbero anche ricevere un nostro giudizio positivo. Ma così non è.
Mi spiego meglio. Nonostante gli strumenti, attraverso cui si attuano le politiche regionali di sostegno al settore agricolo, contengano nelle loro finalità tanti buoni propositi, analisi di contesto, strategie di sviluppo, obiettivi di peso da raggiungere, nonostante i capitoli di bilancio dedicati al settore agricolo continuino ad essere abbastanza importanti, la dura realtà dei fatti ci dimostra ogni giorno che si naviga a vista, che manca totalmente la regia. La pianificazione, all’Assessorato agricoltura, è una parola svuotata di ogni significato.
Ciò che non demorde invece è la burocrazia, la pesantezza delle procedure, la moltiplicazione degli sportelli e degli uffici competenti, l’incapacità di spendere le risorse. Nel 2010, ad esempio, a fronte di 61 milioni di euro di fondi per investimenti impegnati dal Dipartimento Agricoltura, solamente 14 sono stati liquidati ai beneficiari.
La mancanza di organizzazione è evidente, ad esempio, anche nel ritardo con cui gli agricoltori ricevono i pagamenti dell’indennità compensativa e delle misure agroambientali.
Da non sottovalutare il Commissariamento dell’AGEA e le sue ripercussioni, anche per la scelta dell’Assessorato di non far riconoscere AREA VdA quale organismo pagatore regionale.
Voi che cosa proponete?
Ridare dignità e fiducia nel futuro al comparto, subito, senza se e senza ma. Fissare concretamente gli interventi prioritari per il settore e agire di conseguenza.
Come primo atto, occorre semplificare le procedure burocratiche, ma farlo realmente, non annnunciarlo e poi costringere gli agricoltori a fare la spola tra C.A.A, AREA VdA, AGEA e uffici regionali: non è più sostenibile né sopportabile.
In seconda battuta bisogna reimpostare una pianificazione degli aiuti vera e trasparente, fissare tempi di risposta certi, reintrodurre graduatorie pubbliche, impegnare tempestivamente le risorse finanziarie e liquidare gli aiuti in tempi strettissimi. I tentennamenti, le mancate scelte in attesa di tempi migliori o di impulsi provenienti dall’esterno, quasi sempre mirati a favorire determinate persone e non a migliorare la situazione generale, i vuoti normativi come quello sul riordino fondiario, non sono più accettabili.
Senza processi chiari, tempi certi, aiuti certi nelle tasche degli agricoltori, a fronte naturalmente di un’assunzione di impegni da parte loro, è praticamente impossibile affrontare il futuro prossimo.
Per quanto riguarda le risorse europee, in vista dell’ormai imminente programmazione del periodo 2014/2020 auspicheremmo maggiori riconoscimenti alla qualità autentica certificata, più sostegno alla filiera completa - dalla produzione della materia prima fino alla sua commercializzazione – perché i nostri numeri sono molto “piccoli” e siamo deboli nelle politiche di mercato.
Il territorio, l’ambiente, il turismo, la vivibilità delle nostre comunità, la salubrità degli alimenti che consumiamo, e noi tutti, “dipendiamo” da questo settore. Attenzione.!!!