Ironia della sorte il futuro della francofona Valle d’Aosta sta tutto in una parola inglese: «green-economy». L’economista Massimo Levêque che ogni anno, per la Camera di Commercio di Aosta, presenta il rapporto sull’economia valdostana non ha dubbi. «Io sostengo da tempo – commenta – che le aspettative riposte dai più attenti osservatori in una ripresa centrata sullo sviluppo della cosiddetta “green economy” - legata alla valorizzazione delle risorse naturali e ambientali, delle energie rinnovabili, delle bio-produzioni, delle tipicità - appaiono particolarmente compatibili e vocazionalmente appropriate con la realtà alpina e, in particolare con quella valdostana».
Turismo soft, filiera del legno (al Politecnico è stato affidato uno studio sul mobile valdostano), l’idroelettrico mini e maxi (come dimenticare l’impegno della Compagnia Valdostana delle Acque), i prodotti tipici Dop (dal lardo alla fontina fino al vino) sono alcuni degli atout che possono dare e, in parte, già danno una marcia in più alla Valle d’Aosta.
Anche se proprio sul fronte della tipicità il settore della zootecnia deve pagare il pegno di un’inchiesta giudiziaria nel mondo dell’allevamento che pur colpendo un numero ridotto di imprese, accusate di aver contraffatto alcune fontine, ha scosso non poco l’opinione pubblica regionale. Del resto il settore, al di là dei fatti giudiziari, vive comunque da tempo la difficoltà di un prezzo del latte inevitabilmente poco remunerativo per chi svolge l’attività zootecnica in montagna rispetto a chi la esercita in pianura.
Le strategie di cui non si può fare a meno diventano perciò forzatamente migliorare il lavoro di rete, diversificare, ma non solo. L’economia valdostana è chiamata anche a favorire l’ibridazione tra i settori con un agricoltura che è allo stesso tempo turismo e tutela del territorio o un commercio che si fa latore di cultura dell’accoglienza.
In questa logica Federico Visconti, docente di economia aziendale presso la Facoltà di Economia dell’Università della Valle d’Aosta, sostiene che la parola d’ordine è «ricomposizione dei settori». «L’estrazione tecnologica, la produzione tipica – osserva – non sono più la chiave adatta per leggere il futuro. In dottrina si chiama convergenza competitiva, cioè settori che partono da origini industriali diverse e danno vita a partnership per produrre nuovi prodotti». Ma come applicare questo nuova strategia alla Valle d’Aosta? «Il problema fondamentale – precisa Visconti – in simili processi sono i ruoli, soprattutto viste le piccole dimensioni della regione autonoma. Da noi non si possono creare delle joint-venture tra player nazionali o addirittura mondiali». E allora come si facilitano certi processi di contaminazione? «E’ molto semplice. – risponde - Ciò che conta è il leader, la presenza di un regista superiore, legittimato dai partner di filiera, con la giusta visione per fissare le strategie. E badate bene non deve essere un soggetto terzo, in qualche maniera emanazione della pubblica amministrazione, occorre che sia un imprenditore, diversamente ci troviamo di fronte soltanto ad una ennesima sovrastruttura che prima o poi le imprese rifiuteranno o bypasseranno».
Dall’osservatorio della Chambre il Presidente Pierantonio Genestrone pone l’attenzione sulle difficoltà provenienti dal mondo edile. «Registriamo una crescita delle imprese artigiane – dice – ma spesso si tratta di dipendenti che si mettono in proprio e continuano a lavorare per la stessa azienda. Una situazione tutt’altro che priva di criticità in tempi in cui le aziende lamentano una diminuzione dei lavori sia nel settore pubblico che in quello privato, confido però che le recenti novità in materia energetica dovrebbero ridare fiato al settore». Genestrone intravede una ripresa a livello industriale che nel 2010, superato il primo trimestre, dovrebbe consolidarsi. Sul commercio la Valle paga ancora una certa scarsa propensione alla specializzazione. «Sul tappeto c’è da tempo l’ipotesi del Centro commerciale naturale, realizzato attraverso la messa in rete degli esercizi commerciali del centro storico della città di Aosta, ma temo che se ne dovra parlare dopo le elezioni comunali del maggio 2010»
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